In pronto soccorso vediamo tutti i giorni tante badanti ed io non manco mai d'incoraggiarle, conoscerle meglio e scambiare anche solo due parole con queste donne forti e coraggiose. Nutro una profonda e sincera ammirazione per tutte loro.
Giungono in pronto soccorso per tanti motivi. Sono scene strane..contrastanti..
Sono spesso accompagnate dal qualche rappresentante del nucleo familiare che le ospita, in cambio di assistenza alla nonna/o della famiglia di turno. Ed è strano sentirsi rispondere l'anamnesi della paziente da persone che non c'entrano apparentemente nulla una con l'altra..che provengono da culture diverse, che parlano lingue diverse ma che spesso vivono sotto il medesimo tetto; tra loro vi è un contratto economico, ma mangiano insieme, convivono e percorrono un cammino delicato per entrambi, rispettandosi ed accettandosi, nel bene e nel male. Alcune sono buffe, altre molto taciturne, altre ancore vere e proprie professioniste in ambiti lavorativi totalmente diversi e che, per sopravvivere, sono state costrette a migrare adattandosi.
Queste donne trascorrono l'intero giorno al capezzale di vecchietti bisognosi e compiono gesti semplici ma fondamentali: accompagnano l'anziano in bagno, gli cambiano il pannolone, gli preparano da mangiare, gli tengono in ordine la casa..
Stamattina ho conosciuto Irina, moldava, da otto anni in Italia.
Appena la vidi capii che Irina aveva nostalgia di casa. E me lo confermò lei stessa pochi momenti dopo..quasi stupendosi che un'altra persona le potesse parlare di cose normali, coinvolgendola, senza trattarla come un cane da guardia, una serva, un "bigino" informativo.
Fu facile aprirle il cuore.
Mi parlò di suo figlio (studente in anestesia e rianimazione in Moldavia), della sua cagnolina che non vede da troppo tempo e alla quale è legatissima, del suo giardino (oggi pieno di erbacce) e di quella strada sterrata lungo il fiume, circondata da verdissimi campi che era solita percorrere sempre al tramonto, prima di raccogliere le verdure dal proprio orto e preparare la cena. Mi raccontò poi della sua misera paga, di suo marito morto -di-povertà-. E poi in Italia..della sua vita rinchiusa per quasi tutto il giorno in quella buia stanza, seduta su di una sedia di legno, con a fianco la nonnina che le racconta sempre dei suoi nipotini quando l'Alzheimer le concede una breve tregua: -in-Moldavia-non-esiste-Alzheimer- mi confidò con un sorriso. Mi parlò poi di quei interminabili pomeriggi a guardare Uomini e Donne in Tv.
Mi disse infine che era stanca.
Una volta dimessa volli accompagnarla all'uscita; quando arrivammo all'ingresso del pronto soccorso, sulla strada, quando ci stringemmo la mano, mi guardò intensamente. Fuori, ad aspettarla, vi era un taxi.
Mentre vi sto scrivendo, in questi stessi attimi, un aereo con a bordo Irina è in procinto di atterrare all'Aeroporto Internazionale di Chișinău.
Giungono in pronto soccorso per tanti motivi. Sono scene strane..contrastanti..
Sono spesso accompagnate dal qualche rappresentante del nucleo familiare che le ospita, in cambio di assistenza alla nonna/o della famiglia di turno. Ed è strano sentirsi rispondere l'anamnesi della paziente da persone che non c'entrano apparentemente nulla una con l'altra..che provengono da culture diverse, che parlano lingue diverse ma che spesso vivono sotto il medesimo tetto; tra loro vi è un contratto economico, ma mangiano insieme, convivono e percorrono un cammino delicato per entrambi, rispettandosi ed accettandosi, nel bene e nel male. Alcune sono buffe, altre molto taciturne, altre ancore vere e proprie professioniste in ambiti lavorativi totalmente diversi e che, per sopravvivere, sono state costrette a migrare adattandosi.
Queste donne trascorrono l'intero giorno al capezzale di vecchietti bisognosi e compiono gesti semplici ma fondamentali: accompagnano l'anziano in bagno, gli cambiano il pannolone, gli preparano da mangiare, gli tengono in ordine la casa..
Stamattina ho conosciuto Irina, moldava, da otto anni in Italia.
Appena la vidi capii che Irina aveva nostalgia di casa. E me lo confermò lei stessa pochi momenti dopo..quasi stupendosi che un'altra persona le potesse parlare di cose normali, coinvolgendola, senza trattarla come un cane da guardia, una serva, un "bigino" informativo.
Fu facile aprirle il cuore.
Mi parlò di suo figlio (studente in anestesia e rianimazione in Moldavia), della sua cagnolina che non vede da troppo tempo e alla quale è legatissima, del suo giardino (oggi pieno di erbacce) e di quella strada sterrata lungo il fiume, circondata da verdissimi campi che era solita percorrere sempre al tramonto, prima di raccogliere le verdure dal proprio orto e preparare la cena. Mi raccontò poi della sua misera paga, di suo marito morto -di-povertà-. E poi in Italia..della sua vita rinchiusa per quasi tutto il giorno in quella buia stanza, seduta su di una sedia di legno, con a fianco la nonnina che le racconta sempre dei suoi nipotini quando l'Alzheimer le concede una breve tregua: -in-Moldavia-non-esiste-Alzheimer- mi confidò con un sorriso. Mi parlò poi di quei interminabili pomeriggi a guardare Uomini e Donne in Tv.
Mi disse infine che era stanca.
Una volta dimessa volli accompagnarla all'uscita; quando arrivammo all'ingresso del pronto soccorso, sulla strada, quando ci stringemmo la mano, mi guardò intensamente. Fuori, ad aspettarla, vi era un taxi.
Mentre vi sto scrivendo, in questi stessi attimi, un aereo con a bordo Irina è in procinto di atterrare all'Aeroporto Internazionale di Chișinău.
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