Questo blog è nato una ventina di anni fa! Ha fatto a cazzotti con i primi guestbook, i primi "siti", con i vari forum ed oggi è bullizzato dai social molto più "veloci" e alla moda.. ma tutto sommato, nonostante mille cose successe, qualche cicatrice e gli acciacchi del tempo, rimane ancora in piedi! Respect!

11 agosto 2012

Appartenenze

In ospedale capita spesso di assistere bambini-ragazzi figli di persone immigrate.
Sono bambini stranieri? Immigrati? In numero abbastanza significativo no, nessuno dei due termini è appropriato; molti di loro infatti sono nati nelle sale parto italiane, hanno frequentato fin da subito le nostre scuole, parlano benissimo la nostra lingua (molto meglio dei loro genitori), si sentono pienamente italiani nonostante nelle loro case parlano l'arabo e adottano usi e costumi tradizionali, anch'essi "contagiati" inevitabilmente con la nuova realtà culturale.

Inutile dire che i bambini figli di persone immigrate aumenteranno e con esso aumenterà forse anche un naturale distacco che avverrà tra questi bambini (ma è forse meglio parlare di ragazzi e adolescenti) e la cornice culturale nativa dei propri genitori.

Sono quasi certo che i ragazzi non hanno molte colpe, che in realtà non si stanno allontanando dalle reali origini (..lontane, raccontate e che rispettano) semplicemente perché esse non le vivono quotidianamente sulla loro pelle tutti giorni se non in casa e che alla base di singoli episodi molto gravi e spiacevoli (come questo) ci sia una netta incomprensione spesso generata dall'incapacità di accettare un cambiamento che è del tutto normale che voglia manifestarsi quando si ha a che fare con un ragazzo e le sue preziosissime ed esplosive emotività. Noi tutti siamo stati influenzati e siamo "cresciuti" grazie anche a ciò che ci ha circondato, non dimentichiamocelo. Nella maggior parte dei casi il "crescere" contagiati (arricchiti) da più culture rappresenta una grande opportunità (basta pensare alla lingua..).

L'irrigidimento spesso avviene da parte dei genitori ma non è sempre vero. A volte sono i ragazzi a trovarsi troppo velocemente "tra due mondi" e in quei casi possono nascere atri tipi di problemi.

Due episodi, vissuti di prima persona proprio in questi giorni, possono aiutarvi a capire cosa ho cercato di spiegare nel paragrafo appena sopra.

Nel primo caso vi racconto di Abdul, vispo diciottenne, figlio di genitori marocchini. Abdul è giunto in pronto soccorso per un trauma al piede; dopo qualche minuto il medico gli chiede se è musulmano. Abdul risponde imbarazzatissimo quasi volendosi distaccare dalla sua fede, con lo sguardo sorpreso come quando ci si sente in colpa; puntualizza in fretta che lui è italiano a tutti gli effetti e che la fede islamica vale quanto quella cattolica, una vale l'altra, per lui esiste un solo Dio .. e poi  le cose in Italia sono <<troppo diverse>>.

Poi è la volta della quattordicenne Samar, nata in Libia, cresciuta fino all'età di tre anni in Tunisia ma migrata ben presto in Italia. Poco dopo essere stata dimessa per una semplice gastroenterite, mentre mi avvicino a lei (vestita con T-shirt e jeans) e alla madre (vestita con il classico velo), una volta chiariti piccoli dubbi in merito alla terapia essa, con un bellissimo sorriso a trentadue denti stampato in faccia, rivolgendosi alla madre esclama con gioia e sorpresa: <<che bello così non faccio il ramadan!>>. Non vi dico la faccia della madre..

..arrabbiata? Tutt'altro, difficile descrivervi la sua espressione. Mi ha ricordato la mia di madre quando, da ragazzino, avevo a che fare con un capriccio benevolo e la vincevo: girava gli occhi in alto con una "sbuffata" e via. Il tutto avvolto da una grande serenità e complicità famigliare.

Le esclamazioni di entrambe i ragazzi possono riflettere e nascondere più di un significato importante.
Abdul forse, inconsciamente, vuole separarsi dall'etichetta -musulmano-, cercando di allontanarsi da tutti quegli scomodi pregiudizi occidentali che, ingiustamente, accompagnano il termine; deviando poi in una risposta "di fede"..che possa andare un po' bene a tutti.  Nella esclamazione di Samar invece si deduce una gran sollievo. Come se volesse avvicinarsi sempre più alla quotidiana (e non imposta) cornice culturale, vivendola appunto tutti i giorni sulla sua pelle e la madre, nel suo caso, sembrerebbe capire (mediare), in una sua forma, le esigenze della figlia.
Di fatto, ed è la cosa più importante, rispettandola.

1 commento:

Unknown ha detto...

http://www.superabile.it/web/it/CANALI_TEMATICI/Politiche_e_Buoni_Esempi/Dossier/info530412948.html

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