Qualche giorno fa mi son recato a suonare a Soncino, un piccolo comune del cremonese entrato ufficialmente a far parte, nel 2008, del Club "I borghi più belli d'Italia".
Una delle strade che bisogna prendere per arrivarci è la famigerata Strada Provinciale 193 famosa per le sue buche e per le sue condizioni fatiscenti. Una decina di chilometri che lasciano il segno sia nell'animo che nei pneumatici ma è stato proprio durante quei momenti, mentre la percorrevo ai quaranta chilometri all'ora, tra uno sbalzo e l'altro, che di colpo la mia mente è tornata a bordo dei Matatu, i minibus di Nairobi.
I Matatu sono piccoli pulmini coloratissimi, molto famosi economici e caratteristici, adibiti al trasporto di persone e che, come infinite formiche impazzite, scorrazzano a destra e a sinistra per le vie incredibilmente trafficate della famosa megalopoli africana.
Anche a me è capitato di salirci diverse volte sul Matatu e, tra tutte le cose che mi hanno colpito, quella che più mi è rimasta in presso è sicuramente il ricordo delle imbottiture posizionate ovunque al suo interno: vi si trovano perfino fissate nella parte interna del tetto e questo per evitare appunto che la gente, a cause delle buche e delle strade malmesse, ci cozzino le proprie teste.

Ah! Se solo mi avesse portato un Matatu al festival Jazz di Soncino... forse mi sarei goduto meglio la voce di Kay Foster Jackson, star di prima grandezza negli USA, il suo paese d’origine, originaria di Atlanta ma ormai "cremonese" d'adozione. La sua fantastica voce nera, colorata di gospel e passione, sopra le note di Georgia on My Mind, mi ha commosso e nei miei pensieri sono finiti loro due:

Loro sono due bambini conosciuti in Africa.
Si sono conosciuti nello stesso orfanotrofio, quasi alla stessa età e chissà ancora per quanto tempo rimarranno insieme. Qualche volta delle persone di colore bianco si recano a trovarli ma chissà perché ripartono sempre troppo presto. I due bambini hanno tanti altri amichetti all'interno della grande casa, di tutte le età e spesso i più grandi si occupano dei più piccoli. Loro non sanno che i bambini dei paesi del Nord del mondo godono di molte più opportunità e che, tra i due, saranno sicuramente loro a pensare di andarsene un giorno dal loro paese in numero maggiore.
Perché, quando diventeranno grandi, vorranno usufruire anche loro di quelle medesime opportunità.
Perché qualcuno gli ha raccontato di ricchezze e fortuna e, avendole viste luccicare in Tv, semplicemente sogneranno di migliorare la propria vita.
O forse perché una sera, appena scesi da un Matatu, si sono soffermati su questo murales e magari, quella vita, gliel'ha cambiata.

Ad ogni modo io, davanti a quel Murales, a gennaio, ci ho incontrato Zacaria.
Zacaria mi ha raccontato della voglia che ha sentito un giorno di cambiare. Un biglietto d'aereo, l'arrivo prima a Napoli poi a Torino. La prima cosa che mi ha detto è stata che l'Italia l'ha accolto bene tuttavia non sono mai mancati, da parte della gente, diffidenza, offese, sospetto, timore, rabbia.
Un giorno, infine, ha deciso di fare ritorno in Kenya perché -non-valeva-più-la-pena-rimanere- spiegandomi, inoltre, che non dimentica mai a sé stesso oggi di spiegare ai suoi figli quanto sia importante difendersi dalla paura di non avere.
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