Oggi è veramente un gran giorno. Ed il merito è tutto di Paolo, amico nonché insegnante "con le palle" di un istituto professionale della mia zona frequentato principalmente da ragazzi italiani ma anche da tanti, tantissimi ragazzi figli di migranti, che mi ha invitato a chiacchierare insieme a loro delle mie esperienze di volontariato.
Sapete tutti che nell'immaginario comune, gli istituti tecnici e professionali sono descritti in vari modi.
Scuole degnissime, grazie alle quali i ragazzi troveranno facilmente lavoro dopo il diploma; scuole dove la preparazione che viene data è scarsa e principalmente pratica dovuto al fatto che i ragazzi con una preparazione scolastica medio-bassa preferiscono andare ad un professionale rispetto che a un liceo; scuole dove le materie non sono molto impegnative, i professori trattano gli studenti come degli stupidi o s'ammazzano di emicranie per inculcare in testa qualcosa a qualcuno lasciandoci l'anima. Scuole di serie B, "ultima spiaggia" per tanti oppure appese saldamente ad un "lavoretto sicuro" per altri... a seconda dei gusti.
La questione, come spesso accade, è molto più complessa di quello che sembra.
Don Milani, figura che amo, diceva: "Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo di espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose".
Don Milani, figura che amo, diceva: "Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo di espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose".
Avendo frequentato ai miei tempi un istituto professionale (provenendo tra l'altro da un anno di liceo...), avendo vissuto sulla mia pelle tutti i contrasti del caso, comprese le mie sfrontatezze di allora miste alle mie speranze future e soprattutto, avendo incontrato oggi alcuni di quei ragazzi così vivaci e sfacciati, nelle loro classi, tra una campanella e l'altra, ero fortemente deciso sia a imparare qualcosa da essi quanto mettermi sul loro piano cercando di essere il più immediato, sincero e diretto possibile, parlando di Hospice, diritti, persone incontrate nel mondo, disabilità, favelas, povertà, opportunità...
Volevo ascoltare soprattutto il parere di quelli tra loro più arrabbiati e curiosi (... la cosa spesso coincide). Volevo delle domande e non solo delle risposte per cercare di capire come gira il mondo attraverso i loro occhi senza usare per una volta i miei, volevo che mi dicessero il loro nome, la loro età.
Volevo che mi chiedessero il mio nome, la mia età.
Se ci son riuscito? Non lo so, non tocca a me dirlo ma intanto, durate la nostra chiacchierata, in pochissimi si sono alzati per uscire a fumare nel cortile (sarà forse per il nuovo divieto?), molti alla fine mi hanno salutato con un <<grazie-prof>> che ricorderò per lungo tempo e uno di loro, "equipaggiato" con l'immancabile cappellino New Era in testa, mi ha voluto perfino stringere la mano (... e mentre lo faceva, con l'altra teneva stretta una cuffietta con dentro Gué Pequeno).
Quanto basta, dentro me, per urlare a tutti loro Respect!
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