Chi lavora in pronto soccorso sa bene che, tra le situazioni più difficili da gestire, ci sono quelle che hanno a che fare con i bambini. Ci vuole tanta pazienza, avere sangue freddo, non lasciarsi condizionare dall'affetto o dalla disperazione dei genitori presenti in ambulatorio, essere "crudeli", sordi ai pianti e non avere paura; Nel senso che, se si devono eseguire manovre invasive nei confronti del bambino, non si deve aver timore di fargli male (..nel senso buono si intende..) lo si fa solo per il suo bene.
Spesso vanno trattenuti con la forza, con tre, addirittura quattro persone.
I bambini infatti, in certe situazioni di paura, trovano una forza alla "HULK" per ribellarsi e liberarsi, una forza veramente incredibile e, da soli, credetemi, è davvero difficile gestirli. A volte è necessario utilizzare un lenzuolo, il quale lo si avvolge attorno al bambino cercando di immobilizzarlo bloccandogli il tronco, le braccia e le gambe; Lo si distende sul lettino e ci si appoggia delicatamente sopra per non farlo muovere, tutto questo solo per eseguire un prelievo di sangue o suturare una ferita con pochi punti. Al genitore viene chiesto poi di parlare con la propria creatura, di sedergli a fianco, stringergli la mano, fargli sapere che sono lì, e l'infermiere, oltre a tenere sotto controllo la situazione, con la coda dell'occhio, di tanto in tanto da una sbirciata anche ai genitori, soggetti spesso a "caldane"improvvise o svenimenti "emotivi", cercando di scongiurare il rischio di soccorrere non più una sola persona ma bensì due..
Esistono poi situazioni meno complicate, meno gravi, dove la tanto temuta "malattia" è rappresentata spesso da un semplice raffreddore, da un mal di denti, da una febbricola comparsa da poche ore; Cose banali diciamocela tutta, dove la cara vecchia nonna farebbe le scarpe a qualsiasi primario di pediatria.
Eppure lo Stato è presente, la cultura, la tecnologia, la ricerca e la professionalità è garantita a tutti (o almeno coì dovrebbe essere).
Tutto è lecito, è giusto, tutto si cura (o perlomeno si cerca di farlo) è una situazione normale, opinabile sotto certi aspetti ma comunque "normale".
In un paese... "normale" appunto.
Nelle realtà dove il diritto alla salute è garantita a tutti, senza discriminazioni.
Nelle realtà dove medici ed infermieri sono ben preparati e formati professionalmente.
Nelle realtà dove gli ospedali sono puliti, tecnologici, sicuri.
Nelle realtà dove esiste una servizio sanitario nazionale che si prende in carico il cittadino prendendosene cura quando ha bisogno.
Poi esistono anche episodi di "malasanità" ma questo è tutto un altro discorso.
In un paese "normale", industrializato, moderno (..ma anche in questo caso andrebbero fatte diverse considerazioni..) se un neonato nasce con il "piede torto congenito" è, nella sua sfortuna, "fortunato".
Il piede torto è la più comune malformazione delle ossa e delle articolazioni nei neonati: si verifica in un bambino su mille.
Viene curato tranquillamente in quasi tutte le parti del mondo, in tanti paesi "normali".
Al momento non si conoscono con certezza le cause del piede torto, ma molto probabilmente si tratta di un disordine genetico. Durante la gravidanza spesso è possibile venire a conoscenza della patologia dalle normali ecografie di controllo. Il piede torto può essere unilaterale o bilaterale. I genitori di un bambino nato con piede torto possono essere sicuri che il loro bambino, se correttamente curato da esperti, non avrà nessun tipo di handicap e sarà perfettamente in grado di condurre una vita normale e attiva. Il trattamento (metodo "Ponseti”) consiste nello sfruttamento della peculiare elasticità dei tendini dei tessuti e delle ossa nei neonati. Già dalla prima settimana di vita del neonato, attraverso una particolare manipolazione e successiva applicazione di appartati gessati appositamente modellati e cambiati con cadenza settimanale, si corregge in maniera graduale la postura del piede ricollocandolo in una posizione fisiologica. Normalmente vengono applicati 5/6 "gessetti". Poi, prima di applicare l'ultimo gessetto, bisogna intervenire chirugicamente sul tallone di Achille, si posiziona quindi l'ultimo apparecchio gessato ed infine si rende indispensabile l’utilizzo del tutore per l’abduzione del piede al fine di evitare recidive. Per i primi 3 mesi il tutore dovrà essere indossato 23 ore al giorno e successivamente solamente durante la notte per un periodo variabile da un minimo di 2 fino a un massimo di 4/5 anni.
Il neonato crescerà senza problemi, sarà sanissimo. Diventerà un bambino poi un adolescente, un ragazzo. Diventerà un uomo. Sarà per il resto della sua vita una persona "normale".
NOI siamo fortunati.A volte ce lo dimentichiamo, ma bisogna fare lo sforzo di ricordarcelo ogni tanto. Siamo ricchi e felici. Eppure siamo anche perfino capaci di ridicolizzarci dentro case del grande fratello, a non informarci più, a dare tutto per scontato e vero, solo perchè l'ha detto la TV. Ci facciamo ingannare quotidianamente da fanatici ed ignoranti politici razzisti e senza umanità. Festeggiamo tutto. Guai a non divertirsi. A non essere strani. A non dimostrarsi più forti dell'altro. Ad essere normali. Abbiamo smarrito il pensiero critico, la verità la possediamo solo noi; Gli altri, perchè culturalmente diversi, sbagliano. Vanno cacciati...esclusi. Siamo capaci di ridere del nulla, di ridicolizzare l'etica, di non avere più rispetto delle cose e delle persone. Siamo capaci di non parlarci più. Di odiarci ed ammazzarci per futili motivi, di disprezzarci per il diverso colore della pelle. Ci svuotiamo sempre più di noi stessi per lasciare sempre più spazio a qualcos'altro più importante di noi.
Mi arrabio e mi rattristo infinitamente quando ascolto persone (?) sminuire il senso di aiuto per i più deboli, per chi non ha voce. Pensiamo ai paesi sottosviluppati. I paesi più poveri della terra. Eppure ci sono persone che si ostinano a paragonare il "nostro bisogno" i "nostri bisogni", al "bisogno" infinito di aiuto delle persone del terzo mondo! Come se tali "bisogni" fossero tutti uguali, dello stesso peso, con la stessa soluzione! L'altro giorno, per esempio, una nostra illustre politica ad "annozero", di fronte all'orrore di Rosarno, ha chiesto a tutti di pensare agli Italiani (con tutti i loro problemi) invece che a tutti quei africani, schiavizzati, umiliati ed infine cacciati solo perchè ribelli alla mafia. Come si fa a paragonare i bisogni di due situazioni così diverse (è solo un esempio su tanti). Solo una ignorante può farlo e continuare a ribadirlo in tv. Guardacaso, in tv. Il vero potere di oggi, il cervello comune di tutti noi. La tv.
Eppure, attenzione, anche per coloro che la pensano così, il terzo mondo è..povero.
Ma è "un povero" che non si può raggiungere. Condannato com'è ad esistere e possibilmente a non dare troppo fastidio.
Il terzo mondo non ha super eroi, a differenza del nostro.
Nella più totale miseria, povertà e disperazione vivono uomini e donne. Nascono bambini. Le persone invecchiano. Hanno gli stessi nostri sogni, vogliono la pace, una vita serena, una casa, il diritto alla salute, un paese che li tuteli. Non le bombe, la guerra, la fame o moririe a quarant'anni di vecchiaia o per un raffreddore.
Non mi sembra che i loro bisogni sono paragonabili ai nostri.
D'accordo anche noi abbiamo i nostri problemi ma suvvia non scherziamo.
La diffrenza tra noi e loro è che da noi, paese "normale", un bambino con il raffreddore si reca dal proprio
pediatra o al massimo in pronto soccorso e finisce lì. In Africa, un bambino con il raffreddore può morire.
Ho visto malattie da noi estinte o quasi, oppure banali e tranquillamente curabili, essere così diffuse e spietate da rimanere allibiti.
Ho visto centinaia di bambini convivere quotidianamente con la tigna ed i pidocchi, senza la possibilità di avere medicine ne acqua per lavarsi.
Ho visto bambini sfregarsi tutto il giorno i loro occhietti arrossati con mani sporche e polverose cercando di sconfiggere invano la congiuntivite, peggiorando solo la situazione.
Ho visto decine e decine di bambini con il viso ricoperto dal mollusco contagioso. Grattarsi senza pace.
Ho visto bambini accompagnare le proprie madri a raccogliere acqua lurida e puzzolente stagnare in grosse pozzanghere a cielo aperto e destinata ad abbeverare.
Ho visto bambini di 5-6 anni, cerebrolesi a causa della malnutrizione, sottopeso, gravissimi, che non parlano nè camminano. Giuro che dopo aver osservato i loro corpicini inizialmente, appena entrati in ambulatorio, ho pensato che avevano 4-5 mesi. Ero sconvolto.
Alcuni di noi non capiscono che la nostra fortunata "normalità" è un privilegio, un dono. Ereditata da persone straordinarie: I nostri padri, i nostri nonni, i nostri bisnonni i quali hanno lottato, lavorato sodo, studiato, combattuto spesso sacrificando la propria vita per la libertà, dei diritti, un senso di giustizia, uno Stato, un diritto di voto, l'uguaglianza; Per tutti. NOI tutti. Ed è grazie a loro se il progresso si è diffuso, rendendo, quel loro sperato futuro, nel nostro moderno presente. Così tanto "normale" e prezioso.
Ho visto un paese dove nascono bambini con i piedi torti, un paese "non tanto normale" a dire il vero. Un paese povero, poverissimo, del terzo mondo.
Ero in ambulatorio, avevo appena attraversato un campetto in mezzo alla grande scuola, dove i bambini, tutti vestiti con il caratteristico maglione dello stesso colore, giocavano a rincorrersi come probabilmente tanti altri centinaia di migliaia di bambini in parti diverse del mondo in quell'istante.
Erano poveri, sporchi ed affamati. Ma ridevano, correvano, si divertivano, erano pieni di vita.
Giocavano ed erano spensierati come i nostri, come i nostri bambini...Quelli del nostro paese tanto "normale". Incredibile è?
Eravamo pronti a visitarne un altro centinaio.
Per molti, la prima visita della loro vita da quando erano venuti al mondo. Parliamo di bambini dai quattro - cinque anni in su.
Poi, improvvisamente, davanti ai nostri occhi, pronto per essere visitato, comparve un bimbo di sei, sette anni.
L'ambulatorio era molto piccolo, a malapena entrava la luce. Fuori invece, regnava un sole magnificamente africano. Mendiida a qualche centinaio di Km sotto ad Addis Abeba, il "fiore di Addis", la capitale d' Etiopia ci aveva accolto nel migliore dei modi. Ricordo che per entrare in ambulatorio c'erano da fare due o tre gradini, molto alti. Il paese era piccolo, poverissimo. La terra rossa, le grandi nuvole, le capre, la polvere. Un magnifico arcobaleno sopra i suoi infiniti raccolti, la corona giusta per la sua regina, la miseria. Un campo da calcio ed un pallone fatto di stracci.
Il bellissimo bimbo, correndo e sbucando all'improvviso, si aspettava di tutto immagino, tranne che di trovare noi. Comprensibilmente spaventato, rimaneva fermo come una statua all'ingresso, paralizzato dalla paura.
Che-vogliono-questi? Chi-sono?
Avrà pensato.
Il sole intanto, sembrava spingerlo all'interno e ricordo che l'effetto della luce contro la sua gracile figura lo rendeva ancora più bello. Noi, fermi lì ad osservarlo, non aspettavamo altro che la grazia della sua fiducia per fare noi i primi passi, il primo approccio.
Maglioncino rosso, pantaloni verdi. Magro, sporco.
Un viso furbetto, scaltro.
Pochi secondi e ci aveva raggiunto anche la suora che lo aveva accompagnato. Con un gran fiatone.
Evidentemente il bambino le era scappato, correndo via.
<<Va veloce questo>> diceva Suor Sandra, cercando di prendere fiato...
<<Questo è nato- con il piede torto, suo padre, fabbro, gli ha costruito dei tutori...è cresciuto così...>>
Non riuscivo a credere ai miei occhi.
Il bambino era cresciuto fino a quell'età con il piede torto. Anche Giuseppe, il pediatra al mio fianco, era molto stupito dall'incredibile adattamento del bambino a quei marchingegni.
Una volta tolti gli apparecchi che permettevano al bambino di camminare e giocare, nonostante l'handicap, fu chiaro a tutti che in Etiopia, come in gran parte dei paesi del terzo mondo, il problema del piede torto (come del resto la fame, la malnutrizione, la tignia, la gastroenterite, la diarrea, i pidocchi, la congiuntivite, la scarsa igiene e potrei andare avanti..) è ancora, nel 2010, una piaga neonatale seria, ancora molto molto lontano da sconfiggere. Non esistono ospedali adatti, ne chirurghi ortopedici in grado di eseguire gli interventi. Spesso poi, ho saputo, i pochi che operano, giungono in Africa o nei paesi del terzo mondo con la macabra intenzione di fare pratica su bambini o persone "cavie", per esercitarsi. Cosa verificatasi molto probabilmente a questo sfortunato piccolo. Sulle caviglie infatti, si erano col tempo cicatrizzate delle piccole ferite: opera di un chirurgo alle prime armi che, coraggiosamente, ha tentato facendo quello che ha potuto, oppure, ho pensato con un brivido poco più tardi, di uno sporco chirurgo criminale mercenario, che, molto probabilmente ha solamente peggiorato la situazione.
Giuseppe intanto, continuava a spiegarmi in breve alcune cose riguardo questa malattia genetica ed io rimanevo sempre più colpito. Quando poi mi ha detto che da noi, in Italia, come in gran parte del mondo, il problema del piede torto, era del tutto risolvibile fin dai primi giorni dalla nascita, non volevo credere alle mie orecchie ignoranti. Il trattamento infatti , non lasciava segni nè handicap al bambino, destinato a vivere normalmente la propria vita.
Posso solo immaginare invece, senza non poche fatiche, come crescerà quel bambino e come cresceranno centinaia di bambini come lui.
Bambini con i piedi torti che osservano giocare bambini con i piedi normali.
Esso tuttavia, si è adattato incredibilmente, ci dicono le suore.
<< Gioca, corre come gli altri. E' svelto, furbo >> ripeteva Suor Sandra.
Durante la visita, si è comportato benissimo. E' stato molto bravo.
Lui non è nato in un paese "normale".
Nato con il "piede torto" è, nella sua sfortuna, rimasto "sfortunato".
Lui non può sapere che al di là del deserto e del mare, sorvolando la miseria, la fame, le guerre, i bambini, nati con il piede torto congenito od affetti anche dalle più "banali" malattie, guariscono.
Per lui, è tutto normale.
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