Un mesetto fa incontrai Carlo. Sulla sessantina, persona buona, umile e straordinaria. Era in procinto di partire per la Bielorussia. Volontario da anni per "Help for Children", con sette camper e diversi bilici carichi di materiale umanitario era pronto per mettersi in viaggio, l'ennesimo, e raggiungere così Gomel e la zona rossa di Chernobyl.
La zona rossa a tutt'oggi si estende per circa 3000 km quadrati in un raggio di 50km dalla centrale. 13500 persone subito dopo la catastrofe hanno dovuto abbandonare le case. Oggi, nella zona rossa, la radioattività persiste ma la gente è ritornata a viverci tranquillamente, ignorando l'allarme e tutto ciò a causa delle scarsissime informazioni governative unite alla superficialità degli abitanti del luogo nel sottovalutare i problemi dovuti alla contaminazione nel tempo.
Carlo l'ho rivisto ieri sera. <<Carlo mi devi raccontare come è andata>> gli chiedo appena lo vedo. Poco dopo davanti ad una birra, circondati dalle urla ed avvolti dalla routinaria spensieratezza della gente, parliamo di tante cose. Delle sue bimbe, della loro madre, della casa che, grazie a lui, è sempre più nuova; Il televisore quest'anno, il bagno ristrutturato l'anno scorso ecc..
Parliamo di questa famiglia "adottata" o meglio presa a cuore alla quale Carlo vorrebbe garantire un futuro migliore. Per adesso riuscendoci.
<<Come le hai ritrovate le tue bimbe?>> gli chiedo.
<<Bellissime>>mi risponde.
Gli credo. Da come mi ha risposto, con gli occhi lucidi, il viso rosso, senza aggiungere una parola non posso fare altro che credergli immedesimandomi. Parliamo intensamente, ascoltandoci a vicenda, confrontandoci umanamente, appassionatamente. Scuotendo spesso la testa. Mi racconta dell'arrivo della comitiva in paese, dei bambini davanti alla piscina di Golem che aspettano in trepida attesa il convoglio salutando con le braccia alzate. Dell'arrivo e degli infiniti abbracci.
Lo ascolto ripensando all'Etiopia. Mi rivedo arrivare ad Addis Abeba, gli abbracci con le suore con la gente del posto, l'arrivo alle scuole, la gioia dei bambini. Ricordo mia madre che, una volta tornato in Italia quest'anno, mi chiese come avevo ritrovato Sunneth. "Meglio, è cresciuta, è bellissima".
Sembra esser passata una vita dall'ultima volta che sono stato in Etiopia. Sono solo trascorsi neanche tre mesi. Le frenesie, i ritmi e gli impegni delle nostre giornate nella maggior parte dei casi rischiano di cancellarti i momenti, il tempo, i ricordi. Grazie a Carlo, ieri, mi sono fermato un attimo, ho fatto un sospiro ed ho ricordato.
Insieme a lui ho ripensato ed ho capito una cosa: che la povertà nel mondo è tutta uguale, cambia solo lo scenario. Essa è sfruttata o subita dai medesimi protagonisti:
Governi corrotti,
bambini senza giocattoli e malati.
Madri fortissime, senza più lacrime.
Padri, uomini, spesso violenti ed ubriachi.
FARE DI OGNI ERBA UN FASCIO: Detto usato per indicare il comportamento di chi non sa distinguere il bene dal male, oppure di chi agisce in modo incontrollato
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