Mancano meno di quattro mesi a settembre.
Sarebbe bello ripartire. Ritornare dove c'è tutto e niente. E quel tutto che c'è, nella maggior parte dei casi, è rotto e non funziona.
Ed è per questo che quando penso a chi potrebbe aggiungersi a noi, quando si decide di partire per l'Africa, oltre a pensare a medici e infermieri, penso a loro, ai tuttofare; Invincibili e saggi, indistruttibili e con tanti poteri magici. Immortali.
Ecco, i tuttofare.
Categoria rara ma preziosissima.
Capaci di risolvere situazioni complicatissime;
Capaci di riparare tutto.
Provate a trascinarli sotto il lavandino guasto della cucina e ve lo riaggiusteranno con niente, dategli in mano la vostra bicicletta rotta e dopo mezz'oretta vi ritornerà nuova, meglio di quando l'avete comprata.
Insomma, dei veri e propri Mac Gyver.
Ne ho conosciuti tanti di tuttofare. Un paio vorrei convincerli a venire con me in Africa, ma ho capito che c'è una cosa che accomuna i tuttofare: sono tutti senza un soldo.
E visto che per ora dell'Africa non ne vogliono proprio sapere, io, per ora, rimango senza il mio tuttofare.
I tuttofare oltre ad essere immortali nella maggior parte dei casi sono pensionati, o comunque svolgono l'incarico di tuttofare dopo l'orario lavorativo, anche di notte. Sono persone che hanno sempre lavorato e quando dico sempre mi riferisco anche durante le loro ferie: aggiustando la moto impolverata ritrovata sotto un telo in cantina, riordinando il garage oppure rifacendo l'impianto elettrico nel tempo perso. Persone umili e semplici, abilissimi osservatori, amanti della filosofia senza averla mai studiata ma sicuramente letto qualcosa, hanno veramente fatto di tutto nella loro vita e da essa hanno raccolto molto, sapendo che, prima o poi, le cose raccolte ed imparate sarebbero tornate utili a qualcuno.
Il mio tuttofare preferito si chiamava Giuseppe.
Era il mio vicino di casa.
Dovete sapere che, abitando in una piccola frazione di campagna, a poche centinaia di metri dal più lungo fiume d'Italia, tutti ci si conosceva e tutto si rompeva e si riaggiustava. Il mio migliore gioco era il mio paese e ci si divertiva a giocare all'aperto costruendo qualsiasi cosa. Ognuno di noi quindi, aveva il suo anziano tuttofare che gli forniva consigli preziosi su come fare meglio qualcosa; Per poi ritrovarselo magari in casa, più tardi, prima di cena, chiamato dal papà affinchè lo aiutasse ad aggiustare la caldaia. Oggi al mio paese, piccola frazione dalla quale deriva il mio cognome, ci si conosce tutti un po' meno ma i bambini giocano tutt'ora all'aria aperta, senza problemi. Ricordo che la parola degli anziani valeva ancora qualcosa, molti avevano il loro soprannome, mio nonno per esempio, anch'esso tuttofare, era soprannominato "barbis", perchè portava baffi splendidi; I loro consigli erano ancora ascoltati e preziosi; Se si chiedeva ad una anziano come fare a costruire o riparare qualcosa, stai certo che aveva ragione e riusciva bene.
Non parliamo poi delle sane quanto agguerritissime dispute e contese che si creavano tra di loro.
Immaginate infatti di avere una stanza con all'interno un camino; rinchiudeteci dentro dieci persone bravissime ad accendere il fuoco; State certi che, quando arriverà l'ora di accenderlo, sicuramente in quelle persone scatterà qualcosa che è tipica dei tuttofare: competizione allo stato puro, voglia di essere il più bravo nel minor tempo possibile, voglia di sentirselo dire quanto si è bravi, non accettare un soldo come mancia (ed è forse per questo che non trovo nessun tuttofare disposto a venire in Africa con me) ed essere ricordati.
Chissà quindi se tra i tanti bimbi alla quale ieri ho cercato di spiegare la catena del soccorso ed il massaggio cardiaco, facendoglielo vedere su di un manichino, qualcuno di essi avrà pensato che anch'io sia un tuttofare.
Chissà...
Sicuramente io ho capito che anche i tuttofare, a volte, si trovano in difficoltà. Ed a quel punto?
Per aiutarmi a capire cosa-fare-a-quel-punto, è bastato lo sguardo furbetto di un bambino di nome Fabio e le sue semplici parole, che mi rivolse alla fine del corso, avvicinandosi a me, quando tutti i bambini, dopo aver osservato stupiti l'attrezzatuta dell'ambulanza, se ne stavano tornando in classe.
"Ma quando il signore è morto tu come stai?"
Ma quando il signore è morto tu come stai.
Mi venne in mente allora una sera di dieci anni fa, quando mio fratello, agitatissimo e con il fiatone, mi venne a chiamare dicendomi che Giuseppe si era appena sentito male, di andare a vedere e correre a casa sua; Venne da me, perchè sapeva che avevo appena superato un corso di primo soccorso per conto di una associazione di volontariato.
Sarei quindi stato il primo a soccorrerlo.
Mi ritrovai il signor Giuseppe a terra, non cosciente, che non respirava.
Iniziai quindi il massaggio cardiaco e la respirazione a bocca bocca che, dopo averla osservata e provata per mesi su di un manichino ed imparata bene, sapevo che avrebbe potuto essere utile a qualcuno.
Avevo diciassette anni. Giuseppe di anni ne aveva sessantanove.
Poco dopo mi ritrovai seduto sui gradini dell'ospedale.
Fermo immobile a pensare.
Mi raggiunse una dottoressa giovane e dallo sguardo teso.
Uscì da quel pronto soccorso che dieci anni dopo sarebbe diventato, ironia della sorte, il mio posto di lavoro, dicendomi che Giuseppe stava bene, rimaneva critico, ma era vivo.
Mi sentii felice, nel modo più semplice possibile.
E nella maniera più semplice possibile, ieri, risposi a Fabio, facendogli capire che le persone se vogliono, sanno fare bellissime cose. Prima di pensare al dopo o alle sue conseguenze, prima di tutto, si deve iniziare a farle quelle cose, cercando di ricordarsi che il loro esito, nella maggior parte dei casi, non saremo noi a deciderlo; Dentro di noi, in compenso, rimarrà senz'altro la consapevolezza di aver fatto TUTTO il possibile, nella maniera più giusta. E da ieri, grazie a Fabio, quel TUTTO rappresenta mille cose e mille mondi. A volte quei mondi sono semplicemente stati osservati o raccolti da qualche parte, chissà dove, con il solo scopo di poterli poi donare, un giorno a qualcuno. Che si tratti di riparare un televisore, montare una lampadina, fare un massaggio cardiaco, insegnare a suonare la chitarra ad un bimbo, ha poca importanza.
Giuseppe è morto poco tempo fa.
Il più grande tuttofare che io abbia mai conosciuto se n'è andato a settantanove anni.
Per quanto mi riguarda io, oggi, all'età di ventisette anni, quando ripenso a Giuseppe,
penso che sarebbe stato bellissimo chiedergli di darmi una mano anche in Africa. Come quando, da piccolino, gli chiesi se poteva darmi una mano ad aggiustare la bicicletta.
E chissà, se lui, oggi, come fece allora,
mi risponderebbe di si.
Sarebbe bello ripartire. Ritornare dove c'è tutto e niente. E quel tutto che c'è, nella maggior parte dei casi, è rotto e non funziona.
Ed è per questo che quando penso a chi potrebbe aggiungersi a noi, quando si decide di partire per l'Africa, oltre a pensare a medici e infermieri, penso a loro, ai tuttofare; Invincibili e saggi, indistruttibili e con tanti poteri magici. Immortali.
Ecco, i tuttofare.
Categoria rara ma preziosissima.
Capaci di risolvere situazioni complicatissime;
Capaci di riparare tutto.
Provate a trascinarli sotto il lavandino guasto della cucina e ve lo riaggiusteranno con niente, dategli in mano la vostra bicicletta rotta e dopo mezz'oretta vi ritornerà nuova, meglio di quando l'avete comprata.
Insomma, dei veri e propri Mac Gyver.
Ne ho conosciuti tanti di tuttofare. Un paio vorrei convincerli a venire con me in Africa, ma ho capito che c'è una cosa che accomuna i tuttofare: sono tutti senza un soldo.
E visto che per ora dell'Africa non ne vogliono proprio sapere, io, per ora, rimango senza il mio tuttofare.
I tuttofare oltre ad essere immortali nella maggior parte dei casi sono pensionati, o comunque svolgono l'incarico di tuttofare dopo l'orario lavorativo, anche di notte. Sono persone che hanno sempre lavorato e quando dico sempre mi riferisco anche durante le loro ferie: aggiustando la moto impolverata ritrovata sotto un telo in cantina, riordinando il garage oppure rifacendo l'impianto elettrico nel tempo perso. Persone umili e semplici, abilissimi osservatori, amanti della filosofia senza averla mai studiata ma sicuramente letto qualcosa, hanno veramente fatto di tutto nella loro vita e da essa hanno raccolto molto, sapendo che, prima o poi, le cose raccolte ed imparate sarebbero tornate utili a qualcuno.
Il mio tuttofare preferito si chiamava Giuseppe.
Era il mio vicino di casa.
Dovete sapere che, abitando in una piccola frazione di campagna, a poche centinaia di metri dal più lungo fiume d'Italia, tutti ci si conosceva e tutto si rompeva e si riaggiustava. Il mio migliore gioco era il mio paese e ci si divertiva a giocare all'aperto costruendo qualsiasi cosa. Ognuno di noi quindi, aveva il suo anziano tuttofare che gli forniva consigli preziosi su come fare meglio qualcosa; Per poi ritrovarselo magari in casa, più tardi, prima di cena, chiamato dal papà affinchè lo aiutasse ad aggiustare la caldaia. Oggi al mio paese, piccola frazione dalla quale deriva il mio cognome, ci si conosce tutti un po' meno ma i bambini giocano tutt'ora all'aria aperta, senza problemi. Ricordo che la parola degli anziani valeva ancora qualcosa, molti avevano il loro soprannome, mio nonno per esempio, anch'esso tuttofare, era soprannominato "barbis", perchè portava baffi splendidi; I loro consigli erano ancora ascoltati e preziosi; Se si chiedeva ad una anziano come fare a costruire o riparare qualcosa, stai certo che aveva ragione e riusciva bene.
Non parliamo poi delle sane quanto agguerritissime dispute e contese che si creavano tra di loro.
Immaginate infatti di avere una stanza con all'interno un camino; rinchiudeteci dentro dieci persone bravissime ad accendere il fuoco; State certi che, quando arriverà l'ora di accenderlo, sicuramente in quelle persone scatterà qualcosa che è tipica dei tuttofare: competizione allo stato puro, voglia di essere il più bravo nel minor tempo possibile, voglia di sentirselo dire quanto si è bravi, non accettare un soldo come mancia (ed è forse per questo che non trovo nessun tuttofare disposto a venire in Africa con me) ed essere ricordati.
Chissà quindi se tra i tanti bimbi alla quale ieri ho cercato di spiegare la catena del soccorso ed il massaggio cardiaco, facendoglielo vedere su di un manichino, qualcuno di essi avrà pensato che anch'io sia un tuttofare.
Chissà...
Sicuramente io ho capito che anche i tuttofare, a volte, si trovano in difficoltà. Ed a quel punto?
Per aiutarmi a capire cosa-fare-a-quel-punto, è bastato lo sguardo furbetto di un bambino di nome Fabio e le sue semplici parole, che mi rivolse alla fine del corso, avvicinandosi a me, quando tutti i bambini, dopo aver osservato stupiti l'attrezzatuta dell'ambulanza, se ne stavano tornando in classe.
"Ma quando il signore è morto tu come stai?"
Ma quando il signore è morto tu come stai.
Mi venne in mente allora una sera di dieci anni fa, quando mio fratello, agitatissimo e con il fiatone, mi venne a chiamare dicendomi che Giuseppe si era appena sentito male, di andare a vedere e correre a casa sua; Venne da me, perchè sapeva che avevo appena superato un corso di primo soccorso per conto di una associazione di volontariato.
Sarei quindi stato il primo a soccorrerlo.
Mi ritrovai il signor Giuseppe a terra, non cosciente, che non respirava.
Iniziai quindi il massaggio cardiaco e la respirazione a bocca bocca che, dopo averla osservata e provata per mesi su di un manichino ed imparata bene, sapevo che avrebbe potuto essere utile a qualcuno.
Avevo diciassette anni. Giuseppe di anni ne aveva sessantanove.
Poco dopo mi ritrovai seduto sui gradini dell'ospedale.
Fermo immobile a pensare.
Mi raggiunse una dottoressa giovane e dallo sguardo teso.
Uscì da quel pronto soccorso che dieci anni dopo sarebbe diventato, ironia della sorte, il mio posto di lavoro, dicendomi che Giuseppe stava bene, rimaneva critico, ma era vivo.
Mi sentii felice, nel modo più semplice possibile.
E nella maniera più semplice possibile, ieri, risposi a Fabio, facendogli capire che le persone se vogliono, sanno fare bellissime cose. Prima di pensare al dopo o alle sue conseguenze, prima di tutto, si deve iniziare a farle quelle cose, cercando di ricordarsi che il loro esito, nella maggior parte dei casi, non saremo noi a deciderlo; Dentro di noi, in compenso, rimarrà senz'altro la consapevolezza di aver fatto TUTTO il possibile, nella maniera più giusta. E da ieri, grazie a Fabio, quel TUTTO rappresenta mille cose e mille mondi. A volte quei mondi sono semplicemente stati osservati o raccolti da qualche parte, chissà dove, con il solo scopo di poterli poi donare, un giorno a qualcuno. Che si tratti di riparare un televisore, montare una lampadina, fare un massaggio cardiaco, insegnare a suonare la chitarra ad un bimbo, ha poca importanza.
Giuseppe è morto poco tempo fa.
Il più grande tuttofare che io abbia mai conosciuto se n'è andato a settantanove anni.
Per quanto mi riguarda io, oggi, all'età di ventisette anni, quando ripenso a Giuseppe,
penso che sarebbe stato bellissimo chiedergli di darmi una mano anche in Africa. Come quando, da piccolino, gli chiesi se poteva darmi una mano ad aggiustare la bicicletta.
E chissà, se lui, oggi, come fece allora,
mi risponderebbe di si.
4 commenti:
;)
by @nto
tu andresti molto bene..ciao carissimo!
questo post è bellissimo....!
ps : sicuramente ti serve qualcuno più abile con le batterie delle macchine di te !! :-) baciotto !
..avevo sonno..:)
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