Questo blog è nato una ventina di anni fa! Ha fatto a cazzotti con i primi guestbook, i primi "siti", con i vari forum ed oggi è bullizzato dai social molto più "veloci" e alla moda.. ma tutto sommato, nonostante mille cose successe, qualche cicatrice e gli acciacchi del tempo, rimane ancora in piedi! Respect!

27 novembre 2010

il sole di khartoum

E' proprio in questi giorni che ripenso a quanto sia definitivamente lontano il Sudan.

Con l'arrivo dei primi veri freddi, delle feste, con l'arrivo delle prime nebbie.

Quando il gelo dell'aria mi soffia con disprezzo sulla faccia irritandomi, come ogni anno, la pelle arrossendola e seccandola ed una semplice camminata all'aria aperta diventa più frettolosa, più fastidiosa e con poca voglia di riflettere e tanta di arrivare.

Si inizia a pensare quindi alle feste, al Natale, al capodanno..cosa regalo..dove vado..quanto posso spendere..

E ripenso allora al Sudan, ancora in aereo quando mi avvicinai verso l'uscita per scendere, fermo in coda, sulla soglia dello sportello che separa l'aereo alla scaletta che porta alla pista, quando venni accolto da una luce abbagliante, da una sabbia invisibile, finissima e confusa nell'aria e da un vento caldo, caldissimo, quasi insopportabile, che mi prese a schiaffi facendomi mancare il fiato per qualche istante.

Quando iniziai subito a sudare ed un po' per l'agitazione un po' forse per le paure di un'intera missione ancora da compiere, misi follemente in stand by per un attimo tutta la mia gioia, paralizzandomi ed offuscandomi.

Il resto del viaggio andò poi molto bene ed oltre ad aver vissuto un'esperienza straordinaria, riuscii anche a portare a termine tutti gli obiettivi che mi ero prefissato di compiere. Sono convito quindi che la paura mi sia senz'altro servita e per quanto riguarda quelle strane quanto indesiderate sensazioni che provai sulla scaletta che porta alla pista capii, diverso tempo dopo, che mi erano state utili.

Me ne accorsi appunto diversi mesi dopo, sdraiato comodamente sul mio divano, davanti ad uno straordinario caminetto acceso, intento a scaldare un pigro pomeriggio invernale.

Dunque è sicuramente vero che a volte la paura fa brutti scherzi ma credo anche che sia vero il contrario.

La paura fa parte della vita ed è un'ottima compagna di viaggio.

Ci sono però paure dalla quale è difficile scappare.

Come quelle che provò l'altra notte la signora Emma, classe 1921. Emma cadde accidentalmente a terra ed oltre a fratturarsi un braccio e lo sterno, le tante contusioni la portarono ben presto a paralizzarsi per il dolore.

La ricoverammo dunque da noi, in osservazione.

Emma sarà pesata si e no cinquanta chili. La sua mente era ancora del tutto lucida e se non fosse stato per un maledetto scivolone, a quest'ora sarebbe ancora sicuramente nella sua casa a fare compagnia alla sua amata sorella, anch'essa ottantenne. Loro due, come ogni anno, in attesa delle feste, del Natale, del capodanno, di quei piccoli regali invisibili, che sono solite scambiarsi accompagnate da piccoli gesti, delicate parole, "prodotti" introvabili  anche nei più esclusivi ed affascinanti negozi "del centro", cose senza prezzo ma di uno straordinario valore umano.

Quel giorno feci pomeriggio, ne sono sicuro.
Lo ricordo bene perchè quando arrivai alle due, dopo aver preso consegna, l'andai subito a trovare e m'impossessai fin da subito della sua storia, dei suoi sprazzi di vita, arricchendomi.

Tornai più volte nella sua stanza durante il turno, durante tutto il pomeriggio. Scambiammo poche parole; Emma era troppo debole e sofferente, ma riuscimmio comunque a parlare di sua sorella.

Le spiegammo con delicatezza che le era davvero difficile venirla a trovare data l'età e vari problemi organizzativi e ci rendemmo conto di quanto fosse legata ad essa. Le cambiammo più volte il pallone e le somministrammo diverse flebo per combattere i suoi dolori.

Pensai di sfuggita, per paura, alla vecchiaia, alla bellezza del mio lavoro. Alla straodinaria opportunità che mi offre nel riconoscere l'umanità e l'unicità delle cose veramente importanti della vita. Nel riconoscere l'uomo in tutta la sua dignità, nei suoi straordinari valori che ci legano e ci uniscono senza scampo tutti noi, indistintamente dal sesso, dall'età, dal luogo di provenienza, dalla religione.

Il turno piano piano trascorse e le dieci di sera giunsero presto. Quando il mio collega mi diede il cambio, prima di andarmene andai a salutare Emma un'ultima volta.

Mi disse che aveva un gran freddo, le portai quindi un'altra coperta.
Mi disse che aveva sete e le portai quindi un bicchiere d'acqua e con una piccola cannuccia l'aiutai a bere.

Mi disse poi che aveva paura.
Paura di morire, paura di lasciare sola sua sorella e di non rivederla mai più.

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