L'approccio transculturale in ambito infermieristico (ma in generale in qualsiasi ambito, soprattutto in quello ospedaliero) è basato fondamentalmente, come abbiamo già accennato, grazie alla comunicazione, alla mediazione, allo studio delle culture, delle credenze, di comportamenti di persone che semplicemente hanno simboli, credenze appunto o atteggiamenti diversi dal nostro ma non per questo meno importanti o sbagliati.
Tutto ciò per evitare di venire incastrati, senza quasi accorgersene, durante il nostro turno lavorativo, dentro quelle che ho definito "trappole transculturali" che non fanno altro che ostacolare, banalmente, il processo assistenziale, il processo di nursing. Contaminandolo di indifferenza, rabbia, fraintendimenti, pregiudizi ed inefficienza degli interventi pianificati per quanto riguarda l'operatore sanitario; sfiducia, sconforto, rabbia, diffidenza e tanto altro per quanto riguarda la persona bisognosa.
Serve una presa di coscienza del problema. Soprattutto nelle realtà più piccole, nei piccoli ospedali, quelli di provincia. Sono finiti infatti i tempi nella quale il piccolo ospedale era formato, sia per quanto riguarda gli operatori professionali sia per quanto riguarda i pazienti, esclusivamente da persone, cittadini residenti (tutti o quasi) delle zone limitrofe al nosocomio. Oggi gli ospedali, anche quelli più piccoli, sono destinati sempre più ad assistere persone provenienti da tutto il mondo, proprio perchè viviamo in un era dove le distanze tra i confini si sono notevolmente ridotti; viviamo in un era di interdipendenze, di "contaminazione". In questo fenomeno incidono dinamiche quali la globalizzazione, la facilità degli spostamenti, la ricerca di lavoro, di una vita più agiata, le differenze tra nord e sud del mondo, i media.
Le aziende devono ricercare sempre più canali mediatori che permettano di inserire, all'interno dei meccanismi organizzativi tradizionali, spesso già essi complicati, male organizzati e poco funzionali, anche nuovi percorsi, che permettano alle persone straniere di avere tutti gli imput necessari per essergli garantito il diritto di essere assistiti nel migliore dei modi.
Gli operatori professionali poi, non devono trascurare o peggio ancora ignorare la transculturalità nelle dinamiche di assistenza.
Questo per evitare che, alla lunga, le trappole transculturali incidano pesantemente su quello status professionale ma anche sociale che circonda spesso la macchina organizzativa di un intero ospedale. Ecco perché è importante investire, anche personalmente, sul nursing transculturale.
Riconoscere le "trappole transculturali" significa prevenirle. Significa garantire nel miglior modo possibile, sfruttando la nostra esperienza, le nostre conoscenze formative e tecniche, il processo di assistenza. Con metodo. Siamo professionisti o no?
La comunicazione è un elemento fondamentale del nursing!
Senza comunicazione non vi potrebbe essere assistenza infermieristica.
Nel processo comunicativo esistono due tipologie di comunicazione: una verbale ed una non verbale. Abbiamo in breve già analizzato l'aspetto delle trappole transculturali legate alla comunicazione verbale nell'ambito del nursing multiculturale. Analizziamo ora velocemente la comunicazione non verbale.
Ogni nostro comportamento diviene comunicazione per chi lo ascolta o lo osserva. Anche quando non si ha la volontà o l'intenzionalità di farlo. Le parole, i gesti, il silenzio, influenzano le persone che a loro volta rispondono a questi stimoli.
Nella comunicazione non verbale vengono espresse le emozioni più profonde e vere, fatte di gesti, atteggiamenti, silenzi (il 55% dei nostri messaggi viene trasmesso dalla comunicazione non verbale!). E' quell'insieme di comportamenti che trasmettono messaggi senza l'ausilio delle parole o che completano la comunicazione verbale.
Da un punto di vista interculturale (tralasciando tutte le interpretazioni d'ordine psicologico) è importante ricordare che LE VARIE PARTI DEL NOSTRO CORPO CI DICONO QUALCOSA DELLA NOSTRA CULTURA, per tale motivo può essere utile, durante il nostro turno quotidiano, magari sapere che per quanto riguarda:
Il VISO
I suoi linguaggi non verbali, le sue manifestazioni emotive...
- Esprime le nostre emozioni, sensazioni, pensieri.
- E' spontaneo nella cultura mediterranea, Russia, alcune aree degli Stati Uniti
- E' abbastanza controllato nell'Europa del Nord
- In oriente sono poco gradite. La spontaneità è un concetto non concepibile. L'educazione è basata nel riservare e nascondere i propri sentimenti.
- Nella cultura turca il controllo emozionale deve essere massimo. Nelle donne impassibile.
Gli OCCHI
Fissare negli occhi l'interlocutore...
- Nei paesi occidentali comunica franchezza
- Nei paesi Arabi fissare un uomo dritto negli occhi può cumunicare una sfida, farlo con una donna può comunicare una proposta erotica
- In Cina può comunicare segno di attenzione
- In Giappone tendono a non guardarsi negli occhi durante un commiato
la TESTA
Annuire..
- Significa accordo, assenso nei paesi occidentali
- "No" nella cultura del Mediterraneo orientale!
BRACCIA e MANI
Le mani in tasca..
- Nella cultura occidentale comunicano informalità
- Vietato invece per esempio in Turchia per un lavoratore rivolgersi a un superiore tenendo le mani in tasca (vi sono stati episodi di licenziamento)
Tenersi per mano
- In Etiopia è normale per due amici di sesso maschile tenersi per mano mentre si passeggia
Anche la stretta di mano assume significati culturali diversi..
- Inusuale nella cultura orientale; il saluto è espresso con un inchino
- Inesistente nella cultura araba (si ricorda che la mano sinistra è considerata impura)
- In Etiopia esiste la stretta di mano per salutarsi e contemporaneamente alla stretta le spalle destre di entrambe le persone devono toccarsi, mentre con la mano libera si accenna ad un abbraccio (o la si appoggia a metà del proprio avambraccio destro, tra il gomito ed il polso)
Il gesto dell'"OK"
- In Estremo Oriente ha un significato estremamente offensivo
GAMBE e PIEDI
Accavallare le gambe o incrociarle lasciando vedere la suola delle scarpe..
- Nella cultura araba può comunicare scarso rispetto o addirittura espressione di disprezzo
Togliersi le scarpe
- Nella cultura scandinava e medio orientale il togliersi le scarpe è un gesto naturale che è indice di relax o rispetto (come nel caso delle moschee)
IL BACIO
Come segno di affetto o amicizia
- Tre in Francia ed in Russia
- Da evitare assolutamente in luogo pubblico in Giappone, anche tra parenti
- D'obbligo in pubblico anche tra giovani maschi in altre culture orientali
Piccola precisazione: questi non sono altro che pochi, pochissimi esempi (fonte: Nursing nella società multiculturale, Aletto - Di Leo, Carocci Faber); in realtà sono molto di più e aggiungo poi che le cose sono molto più complesse di quelle che sembrano. Non è facile classificare singoli atteggiamenti che corrispondono a delle culture ma è importante secondo me accendere questa luce dentro di noi, anche in questo modo; questo per avvicinarsi a tutte quelle "differenze culturali" che, inutile nascondersi, esistono (a mio avviso fortunatamente!) e vanno preservate e studiate proprio per avere degli altri punti di vista che permettano di facilitare tutti quei processi che costituiscono le reti di cooperazione, mediazione, comunicazione transculturale e anche, perché no, nursing transculturale.
Altra precisazione: proprio perché oggi, come già ricordato, le distanze fra i popoli si sono ridotte notevolmente per merito o per colpa di fenomeni quali la globalizzazione, la sempre più contaminazione dei popoli, i media (basti pensare alle Tv satellitari: ricordo di essere stato all'interno del campo profughi di Mayo in Sudan; sopra alle casette fatte di terriccio sabbioso vi erano decine e decine di antenne satellitari. Oggi le immagini della "modernità", del benessere"occidentale" arrivano veramente dappertutto..) e tutti i mostri economici che vi seguono, ritengo umilmente di dire che sarà sempre più difficile approfondire tali fenomeni, con il rischio di vederli rimpiazzati da comportamenti artificiali indotti ed esterni, quasi "inculcati".
Ma la propria cultura non si nasconde. Nemmeno a centinaia di migliaia di chilometri di distanza dal proprio paese di origine. Alcune cose di noi rimangono, sempre e comunque. E non si possono eliminare. Proprio per questo bisogna già da ora formarsi.
Venti giorni fa mi trovavo ad Addis Abeba. Eravamo sulla jeep ed accanto a me avevo Gigi. Eravamo intenti ad uscire da quella nuvola d'inquinamento, da quel micidiale traffico che contraddistingue Addis Abeba. Gigi da tanti anni si reca nella capitale etiope. Ricordo di avergli chiesto come l'avesse trovata dieci anni fa rispetto ad oggi.
Venti giorni fa mi trovavo ad Addis Abeba. Eravamo sulla jeep ed accanto a me avevo Gigi. Eravamo intenti ad uscire da quella nuvola d'inquinamento, da quel micidiale traffico che contraddistingue Addis Abeba. Gigi da tanti anni si reca nella capitale etiope. Ricordo di avergli chiesto come l'avesse trovata dieci anni fa rispetto ad oggi.
Oggi Addis Abeba è coinvolta in quell'incredibile e velocissimo processo che la vuole rendere occidentale a tutti i costi, nei modi, nell'edilizia, nei usi e costumi. Dal vestito, alla casa, al cellulare, alla macchina.
Tutto ciò, mi chiedo, è sinonimo di progresso?
Siamo proprio sicuri che anche la loro cultura, in questo modo, tende a progredire?
Basta uscire a dieci chilometri dal raggio periferico del "Nuovo Fiore" e ritrovarsi nelle zone rurali per capire cosa sta avvenendo ad Addis Abeba come in molte parti del mondo.
Il mio amico al riguardo mi rispose "Diversa".
Il mio amico al riguardo mi rispose "Diversa".
Dove ci porterà questa diversità? Dove ci faranno nascondere queste diversità?
Ma se ciò che stanno diventando non sono altro che rappresentazioni forzate di ciò che noi siamo, allora non è pericoloso cercare di non capire?
Non è forse troppo pericoloso ignorare l'altro, il prossimo, diverso o molto simile a noi che si voglia, Ecuadoregno, Cinese o Eritreo che si voglia, con il solo rischio di ignorare noi stessi?
O vale la pena invece stupirsi ancora della vita; stupirsi di gioia nel trovarsi d'inanzi, nel caso si avesse bisogno in un luogo molto lontano, una persona che SA DA DOVE VIENI?
Non è forse questa l'essenza dell'infermieristica transculturale?
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