Poco prima di superare la soglia della vetrata d'ingresso dell'aeroporto di Addis Abeba abbiamo come sempre dato l'ultimo saluto alle Sisters, alle Sorelle che, come ogni anno, ci hanno accolto nelle loro case, arricchendoci lo spirito per l'ennesima volta.
Gli ultimissimi saluti avvengono sempre nel parcheggio del Bole International Airport tra clacson, ruspanti pick-up, portantini senza gambe, gas da scarico e ragazzini in cerca di elemosina.
Avvengono sempre avvolti da quella brezza calda satura di eucalipti.
Avvengono sempre vegliati da tutti qui momenti trascorsi fino a quel punto insieme fatti d'infiniti sguardi, villaggi attraversati, carezze, manine, chilometri e polvere.
Poi, una volta dentro, iniziano i primi controlli dei bagagli.
Durante questi attimi sono sempre triste e malinconico. Io vorrei restare ma non posso. A dire il vero non capisco neanche tanto il perché, so solo che mi prometto di non pensarci troppo a lungo fino a che non sento le ruote dall'aereo staccarsi con forza dal suolo africano. Solo allora mi convinco definitivamente di tornare a casa!
Durante i controlli incrocio poi spesso gli sguardi dei miei compagni di viaggio. Mi chiedo spesso quali ricordi, pensieri o semplici momenti dell'avventura trascorsa insieme stiano pizzicando delicatamente Giuseppe, Elena, Graziano e Gigi in attesa d'imbarcarci..
Con Gigi è nata l'associazione Michele Isubaleu. Gli amici di Michele Isubaleu si prefiggono come scopo l’aiuto e il sostegno dei bambini e ragazzi etiopi che si trovino in stato di bisogno dal punto di vista alimentare, sanitario, educativo, familiare e sociale. Tenendo come riferimento la convenzione sui diritti dell’infanzia approvata dalle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, l’associazione si propone di operare affinché il maggior numero di bambini possa veder riconosciuto il diritto di avere una famiglia e il necessario per vivere, di essere curati, di poter imparare, giocare, avere degli amici, di essere ascoltati e essere amati.
Michele Isubaleu era il figlio di Gigi.
Michele vive tutti i giorni in noi e negli occhi di centinaia e centinaia di bambini etiopi che, grazie a lui, resistono meglio alla vita. Michele mi ha reso migliore, senza ombra di dubbio e quando lo ricordo, pur non avendo avuto modo di conoscerlo, ho ben impressa nella mia mente una sua immagine molto significativa e che mi accompagna da quando ho iniziato a collaborare con l'associazione. Mi riferisco ad una fotografia appesa al muro, che guarda l'esterno dalla stanza del direttore della scuola di Debre Berhan, intitolata oggi a Michele. Quella foto, ogni mattina, osserva ed ascolta fiera il grande cortile, circondato da aiuole e fiori ben curati, dove centinaia di bambini, prima di entrare nelle proprie classi, si raggruppano felici ed orgogliosi in fila indiana con i loro maglioncini azzurri per cantare l'inno nazionale.
Noi sappiamo che Michele ogni mattina si trova lì, al loro fianco, pronto a vivere un nuovo giorno in tutti loro.
... all'interno del Bole International Airport posizioniamo dunque i bagagli sopra il rullo trasportatore predisposto ai controlli; le nostre valigie, una alla volta, iniziano ad essere spogliate nel loro intimo dallo scanner. Osservate più o meno attentamente, attraversata la macchina di controllo, ci accingiamo a turno a recuperarle per proseguire l'avvicinamento al nostro check-in.
Ma succede un imprevisto.
La valigia di Gigi viene improvvisamente bloccata da un agente della sicurezza che lo invita ad aprirla.
Osservo Gigi e Graziano discutere con l'addetto alla sicurezza ma nulla. L'addetto in maniera decisa, una volta posizionata la valigia sopra ad un tavolo, la apre con fermezza imbattendosi subito in una caccia all'oggetto con lo scopo di recuperare qualcosa di ben preciso.
Mi avvicino meglio quando noto, dopo qualche secondo, l'agente estrarre dalla valigia un piccolo masso...
Sapevamo per chi era quel masso.
Sapevamo tutti cosa rappresentava quel masso per Gigi.
Purtroppo, nonostante le proteste, quel masso ci venne sequestrato e fu allora, in quell'istante, in quell'attimo, che mi persi nello sguardo di Gigi.
Mi persi nei suoi occhi sconvolti ed arrossati.
In quelle lacrime trattenute a stento, che volevano a tutti costi scivolare da quell'intimo dolore.
Senza riuscirci.
Mi persi in quei respiri profondi e spezzati da quella fitta, da quel sequestro, da quegli spasmi soffocati dalla voglia di proseguire affinché ci allontanassimo il più velocemente possibile da quel tavolo distanziandoci da quel momento e da quella piccola quanto infinita ingiustizia.
Quel masso sarebbe stato semplicemente un dono, un regalo d'un papà per il proprio figlio. Per avvicinarlo alla sua terra, a quel suo unico calore, a quella brezza calda satura di eucalipti, ai propri cieli ed a tanti sogni di bambini che, grazie a Michele, un giorno si realizzeranno.
Quel masso, una volta in Italia, sarebbe stato posizionato sopra la tomba di Michele per rimanergli accanto e tenergli un po' di compagnia; per trasmettergli un gigantesco abbraccio da parte di tutti quei bambini che, grazie a lui, grazie oggi all'Associazione Michele Isubaleu, resistono meglio alla vita.
Nessun commento:
Posta un commento