Questo blog è nato una ventina di anni fa! Ha fatto a cazzotti con i primi guestbook, i primi "siti", con i vari forum ed oggi è bullizzato dai social molto più "veloci" e alla moda.. ma tutto sommato, nonostante mille cose successe, qualche cicatrice e gli acciacchi del tempo, rimane ancora in piedi! Respect!

31 dicembre 2011

Sette ettari di felicità

In Brasile ho avuto la straordinaria fortuna d’incontrare Josef Felician Da Silva.

Ex tagliatore di canna da zucchero, ne ha respirati tutti i suoi abusi, in mezzo alle sue roventi piantagioni, dall'età di nove anni e per più di quaranta. La miseria l'ha poi schiacciato fin da bambino con tutti gli stenti che deformano e induriscono il corpo e l'anima.

Quarant’anni a tagliare la canna da zucchero, in Alagoas come in tanti altre parti del Brasile, significano dodici ore di lavoro giornaliere, sei giorni su sette, cicatrici indelebili, pochissimi riposi all'anno, qualche frustata e praticamente nessuna tutela sindacale.

Orfano dalla nascita, ha trascorso una vita di sofferenze fisiche e morali.

Io e Maria, la mia compagna di viaggio, lo incontrammo una sera a Maceio, la capitale dell’Alagoas.

Ci trovavamo nella nostra abitazione, gentilmente concessa dalla CPT, una caldissima sera di novembre.

La Commissione Pastorale della Terra da anni assiste i contadini sem terra che resistono a testa alta ai soprusi, alle angherie ed alle ingiustizie della Federazione e del latifondismo, che si sono svincolati coraggiosamente alle leggi della canna e che, così facendo, possono davvero urlare ai quattro venti di essere rinati ed essere tornati liberi.

Ricordo che era abbastanza normale ricevere o accorgerci di avere in casa degli ospiti, una volta di ritorno, dopo una giornata di lavoro. Molti di loro, perlopiù contadini, giungevano in città in giornata magari per comprare qualcosa, per incontrare qualcuno, per semplice affari e, non potendo più tornare in serata al proprio accampamento/assentamento a causa della mancanza di bus, rimanevano a dormire una sola notte da noi, pronti poi per svegliarsi all’alba e fare ritorno quindi a casa. La “nostra” abitazione era a disposizione di chiunque ne avesse bisogno, era fantastico!

Una calda sera appunto, una volta rientrati, io e Maria notammo un signore seduto accanto al tavolo al centro della cucina intento a mangiare una semplice zuppa di latte e pane. Dopo alcuni momenti d’imbarazzo e frasi di circostanza, il clima si fece più rilassato cosicché iniziammo a parlare di molte cose ma soprattutto di lui, della sua vita.

Ricordo molto bene ciò che ci disse, con grandissima umiltà, Josef quella sera.

La prima cosa che mi stupì fu quella di sentirgli dire che, una volta incontrata la CPT quasi per caso, grazie a sua cugina, egli cominciò a sentire l'incanto di una diversa realtà e con essa il fascino di lottare per la propria terra (In America Latina esistono tantissimi movimenti popolari che hanno a cuore la lotta, la tutela e la equa distribuzione per la terra..). Il suo sogno, una volta trovato il coraggio di abbandonare le piantagioni, dopo qualche mese divenne poi realtà.

Gli feci tante domande ed egli mi rispose con grande passione e serenità.

Ci invitò a parlare della sua storia con i nostri amici, del grande lavoro che compie la CPT in Brasile, a tutela dei contadini e che lui stesso considera -la-sua-mamma-.

Ci incoraggiò a parlare dell'infausta situazione dei tagliatori di canna: 
<< ..molta gente lo fa solo per necessità, ma se potesse cambiare vita..! >>.

Ci pregò poi, una volta tornati in Italia, di parlare della sofferenze delle persone incontrate lungo il nostro cammino.

Alla domanda cosa-consiglierebbe-ai-giovani-per-difendersi-dalla-vita, mi rispose nella maniera più semplice e forse poderosa possibile:
<< .. studiare per continuare a lottare .. >>.

Parlammo per ore quel venerdì notte e io sapevo bene che, tra me e me, un giorno, avrei scritto di lui.

Oggi le impressioni di quell'incontro mi son tornate con forza vivissima.

Josef rimarrà pur sempre un povero diavolo, solo e in lotta con la miseria e la fatica del vivere, tuttavia è un uomo felice:

<< In tutta la mia vita ho cercato di sopravvivere .. adesso sono ricco! Ora pianto, e ciò che pianto mangio. La gente che vive in città nella maggior parte dei casi non sa cosa sta mangiando. Io lo so >>.

Ci disse quasi in lacrime.

Josef Felician Da Silva da qualche anno non è più uno schiavo della canna da zucchero e del latifondismo.


Oggi possiede una gallina, una piccola casetta di paita, circondata da sette etteri di terra in cui coltiva banane e macascera (un tubero simile alla patata).

<< Sono un uomo fortunato. Libero e fortunato. Oggi sono l'uomo più felice del mondo grazie a Dio >>.

Fu un incontro potentissimo.

Voglio chiudere questo 2011 pensando a lui e a tutti coloro che resistono.

Buon anno Josef.
Buon anno a tuti voi.

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