L'altro giorno ho letto per caso l'articolo del Corriere inerente lo scontro a distanza che c'è stato tra il prete genovese Don Gallo e l'ex consigliera regionale della Lombardia Minetti. L'articolo descriveva lo sfogo di Don Gallo una volta saputo dell'apertura di una nuova (l'ennesima) sala giochi a Genova (che sarebbe stata appunto inaugurata proprio dalla Minetti...).
«Uno scempio da fermare», «Uno schiaffo alla povertà che dilaga», ha attaccato il sacerdote.
Nella mia zona, Emilia occidentale, in un tratto di via Emilia lunga venticinque chilometri hanno aperto, in brevissimo tempo, tre grandi sale giochi. Nello stesso tratto di strada vi sono cinque night...
In tutta la zona limitrofa a tale strada decine e decine di bar, semplici tabaccherie e perfino qualche distributore di benzina possiedono poi qualche slot... e non c'è nulla di anomalo; è tutto in regola. Lo Stato, con le sue normative nazionali, lo permette (incoraggiando e facilitando tale fenomeno) e i possessori di tale esercizi non compiono nessun reato.
Intanto noi in pronto soccorso, durante l'arco della giornata, assistiamo sempre più ragazzi con attacchi di panico, mogli picchiate nel tentativo di proteggere la propria famiglia dagli eccessi compulsivi al gioco praticato dai propri mariti, anziane non più in grado di avere un senso del limite... tutte condizioni annesse al gioco, all'illusione di continue vittorie; disturbi indubbiamente legati al gioco d'azzardo patologico: che esiste e non è una semplice definizione da manuale (nell'affrontare queste tematiche i Dipartimenti di Salute Mentale sono molto più esperti di noi del Pronto Soccorso...).
Detto questo, tralasciando per un momento l'illusione della vincita annessa al gioco, quello che più mi lascia l'amaro in bocca è vedere che molto di ciò che mi circonda è strozzato da illogiche regole legate al profitto. Si sono rotti degli equilibri a discapito questo della collettività e siamo solo agli inizi perché le nostre amministrazioni dispongono di ben poche armi per difendersi.
Per esempio, una delle considerazioni più utopistiche che posso fare, forse la più misera, riguarda il fatto che alla collettività non è forse più garantita la realizzazione dei propri sogni, se essi non vengono in qualche modo correlati ad un'idea di consumo.
Vi son sempre meno opportunità legate alla Cultura, in senso generale. Credo perché non vi è forse mai stata quella "impalcatura" necessaria e adeguata sulla quale progettare coerentemente un'idea di sostenimento culturale (esistono le eccezioni logicamente) oltre che un autentico interesse popolare per essa. La cultura non attira e se non aprono più librerie la colpa non è di certo degli ebook. La musica poi, altro esempio, è di nicchia... in provincia... quasi blasfema per molti. Qualsiasi attività annessa viene vista senza futuro.
Tutelare i nostri territori è sempre più difficile. Vengono per esempio rifatte strade senza poi approfittare di nuove politiche a favore della bicicletta. Mancano i soldi... ed è vero, perché quando nasce qualcosa di nuovo, di curato (un nuovo giardinetto, una nuova rotonda, un nuovo breve tratto di strada) spesso è sponsorizzato da un privato, un centro commerciale, ecc.
Domanda banale... perché non nascono più parchi?
Si è creato un sistema collettivo a circuito chiuso, privatizzato, obbligato.
Dove l'AUTONOMIA DEL BENE PUBBLICO, quello che le nostre amministrazioni comunali dovrebbero tutelare senza se e senza ma, non è più garantita. Ma come fanno i nostri Comuni a garantire l'autonomia del bene pubblico se quelle medesime amministrazioni sono con l'acqua alla gola o con le mani legate? E, di conseguenza, destinate a subire... al massimo vietare (ma spesso non gli conviene).
Conta sempre più il profitto, conta dunque aprire l'ennesimo supermercato o un nuovo polo-logistico eco friendly (certo che ci vuole un bel coraggio a definirlo così!). Le grandi opportunità legate a queste nuove aperture, indubbiamente, sono legate a nuove offerte di lavoro. Per tale motivo incriticabili.
Ma per nuovi posti di lavoro che si creano, molti svaniscono nella crisi.
E intanto storici negozi a conduzione famigliare (... limitrofi, che hanno resistito a due guerre ma che hanno perso contro le il-logiche del mercato), mobilifici, negozi di alimentari, di articoli di abbigliamento e accessori, per non parlare di piccoli artigiani, librerie negozi di musica e qualche pub (dove si suonava live) ecc. hanno chiuso...
Lungo quel medesimo tratto di via Emilia... lunga venticinque chilometri... chissà se un giorno vinceremo qualcosa anche noi.
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