Questo blog è nato una ventina di anni fa! Ha fatto a cazzotti con i primi guestbook, i primi "siti", con i vari forum ed oggi è bullizzato dai social molto più "veloci" e alla moda.. ma tutto sommato, nonostante mille cose successe, qualche cicatrice e gli acciacchi del tempo, rimane ancora in piedi! Respect!

04 agosto 2013

Somewhere



E' con un bel blusettone potente sottofondo misto a gioia che mi accingo stasera a parlarvi di un mio amicone, che ho recentemente rivisto sulle rive della Senna, poche settimane fa.

Ve ne voglio parlare perché sono convinto che mi farà bene.

Perché vorrei che quelle fantastiche sensazioni che ho vissuto in quelle poche ore, strozzate dall'afa di una incantevole Parigi, sbarazzina solo come l'estate sa trasformare, sopravvivano in me per ancora tanto tempo e l'unico modo per far si che tutto ciò accada e che conosco è forse solo questo.

Voglio scrivere di Simon, di questo mio grande amico incontrato più di dieci anni fa in una sala prove, con una chitarra in mano (io invece suonavo e suono tutt'ora il basso elettrico) e che fu in grado di arricchirmi fin da subito con la sua semplicità ed il suo accento "spagnoleggiante" (Simon è cileno); facevamo blues... lo facevamo bene e la nostra band si chiamava Blues Trigger.

Passarono gli anni, l'università per entrambi, il lavoro, nuove opportunità: io infermiere... che appena riesce scappa per contagiarsi del mondo, lui su e giù per Parma, una laurea in psicologia, il trasferimento a Bologna dove riuscì a specializzarsi in filosofia e infine la grande occasione... di quelle che capitano una sola volta nella vita, unica, irrinunciabile: la Sorbona di Parigi.

Quindi il dottorato di ricerca, insegnare, vivere di Università... 

In quel luogo, così tanto ambito, oggi Simon ci insegna ed è stimato e molto preparato insomma un "vero Professore" ma ritrovarlo all'uscita della metro, abbracciarlo per poi attraversare la strada di corsa, stando attenti al traffico bestiale di Parigi... con una birra gelata in mano, sotto un sole cocente, mischiati tra ventenni spensierati e appoggiati alle sponde del Canal Saint Martin, è stato come averlo ritrovato in sala prove dieci anni fa, persi nella nebbia di Piacenza, da qualche parte a scolarsi una birra ghiacciata dopo l'ennesimo blues!

Insomma nulla è cambiato da allora.
La sua semplicità e la sua profondità sono rimaste tali e quali: uniche e preziosissime.

Tra un ricordo e l'altro, tra una battuta e l'altra, ho approfittato di lui per capire se davvero il mio paese, a differenza della Francia, ha "perso" qualcosa per strada... mi interessava molto il suo punto di vista e cioè quello si, di un amico trasferitosi in un altro stato (con tutti i pro e contro) ma anche quello soprattutto di un professore trentenne (che insegna filosofia a ragazzi e ragazze quasi della sua stessa età...) in una delle più rinomate Università del pianeta.

Ebbene le sue riflessioni sono state molto realiste. La Francia, molto semplicemente, crede più di noi nella cultura perché offre ai suoi giovani una sana e stimolante "impalcatura" formativa che è perfino in grado di far competere con trasparenza i più meritevoli e metterli nella condizione di raggiungere un ruolo accademico. In generale in Francia anche una laurea umanistica concede allo studente il lusso di immaginarsi un futuro (che, parlandoci terra terra, significa un onesto stipendio e quindi l'ambita autonomia) in quel'ambito nella quale il giovane ha investito (cosa sempre più difficile in Italia). Insomma la Francia offre maggiori opportunità ai suoi giovani perché sa benissimo che, alla lunga, la maggior parte di loro produrrà cultura-progresso ma anche ricchezza e (si spera) onestà intellettuale, non vergognandosi (a differenza nostra), di affiancare tali concetti la parola sviluppo.

Mi ha fatto piacere confrontarmi per qualche minuto con Simon. Grazie amico.


Tra una battuta scema e una birretta è stato bello anche discutere di tematiche un po' più serie. In questo senso credo davvero che il confronto possa servire per arricchirsi e di questo ne sono convinto.

Ma, ahimé, tornando al Bel Paese, l'idea che mi son fatto dopo questo scambio di vedute con il mio amico è stata ancora una volta quella dell'ennesima occasione mancata per il mio paese: l'ennesima occasione persa e tralasciata nel corso del tempo. Qualcuno ci ha negato delle opportunità, ce le ha nascoste per sempre e solo oggi poche persone colgono da questo deficit sociale, che nega fin da subito progresso, gli aspetti più dolorosi e profondi. L'Italia non è stata in grado di stare al passo dei tempi; ubriaca di sciocchezze, ricattata da personaggi senza vergogna e dalla corruzione dilagante ancora non se ne rende conto del tutto. Perché è un'Italia rallentata, stordita, forse un poco menefreghista e individualista, intenta a non fare rete e con una classe politica non propensa a lavorare per le sue generazioni future ma capace solo di curare i propri interessi addirittura passati.

Un'Italia immobile, quasi intimorita o meglio rassegnata se immaginata all'interno di questa immensa città globale di dimensioni mondiali, a tratti iper-competitiva e spietata, vissuta senza paure e con scaltrezza da nuove e storiche realtà contemporanee. 

Dove al suo interno, per alcuni versi, tra le sue caotiche e veloci vie, sembra trainata ancora da un bue aggiogato e da un asinello... mentre tutti coloro che vogliono rimaner aggiornati, competitivi ed al passo con i tempi (dalla cultura, al turismo fino ad arrivare all'industria manifatturiera e alle nano-tecnologie... ) si muovono in metropolitana.

1 commento:

Anonimo ha detto...

L’ennesimo blues, che sembra lo stesso dell’ultima volta

L’ennesimo blues in cui risuonano tutti quelli già suonati

Ma anche quelli mai sentiti che ovunque sono altrove

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