Amici ieri Vivereesisteresistendo ha fatto tappa a Mantova per il Festivaletteratura.
Gli eventi a cui ero particolarmente interessato a seguire erano due: imperdibile il primo delle 19.30 a Palazzo Ducale con Vandana Shiva, dal titolo - Per un nuovo paradigma di sviluppo- davvero emozionante. Mentre alle 21.00 mi sono diretto a Palazzo D'Arco per ascoltare la presentazione del primo romanzo di Taiye Selasi intitolato La bellezza delle cose fragili che prometto di leggermi nei prossimi giorni.
Ecco un breve resoconto delle mie impressioni relative a una giornata davvero interessante e ricca di spunti.
Per prima cosa vorrei spezzare una lancia a favore per tutti quei festival che, soprattutto nel mese di settembre, arricchiscono diverse città d'Italia: il Festival della filosofia di Modena, il Festival delle letteratura di Mantova, il Festival del diritto di Piacenza ecc.
Sapete che vi dico? Ben vengano!
Ben vengano perché si respirano atmosfere uniche di condivisione, vita, sapere e cultura.
Una condivisione accessibile a tutti, alla portata di tutti e che offre l'opportunità di aprire la propria mente al mondo.
La vita in centro, le vie ricolme di passanti e biciclette, i banchetti per strada, le "cornici" cittadine, i dibattiti a cielo aperto rendono poi il tutto magico e culturalmente vivo e sapete perché? Perché in tali eventi (scegliete pure un dibattito a caso, di una tematica della quale non sapete nulla... provare per credere) ci si arricchisce sempre e quando si torna a casa, lo si fa sempre con una sottile sensazione di gioia dentro!
Detto questo, mentre mi recavo all'incontro con la Selasi, ho avuto il piacere di incontrare per caso Beppe Severgnini, persona che stimo molto. Gli ho stretto la mano preferendo tale gesto a un autografo, gliel'ho pure detto e lui si è fatto una risata apprezzando il gesto!
Arrivato a Palazzo D'arco ho ascoltato la scrittrice e fotografa Taiye Selasi presentare il suo primo romanzo: La bellezza delle cose fragili.
Cortile gremito, libro acquistato (disponibili un centinaio di copie a diciannove euro cadauno esaurite in meno di un'ora) e lei di una bellezza devastante.


Gli addetti ai lavori dicono che di questa ragazza sentiremo molto parlare.
Le recensioni (anche quelle anglosassoni) sono ottime ma non mi vengano a dire che è una scrittrice di matrice africana perché sennò mi arrabbio! Mi sembra tanto un caso simile a Dambisa Moyo, venduta come l'Economista africana che difende gli africani per poi scoprire che si è laureata a Oxford con master a Harvard, che ha lavorato per la banca centrale e la Goldman Sachs... che influenze credete che abbia la Moyo? Medesima storia per la Selasi. Di famiglia ricca e privilegiata, in Ghana per la prima volta a quindici anni, una laurea a Yale, un master a Oxford, ha vissuto a New York, Parigi, ora vive a Roma... insomma, parliamoci chiaro, sicuramente l'Africa le apparterrà e l'avrà nel cuore, così come molto del Continente sicuramente ritroveremo nel libro ma ho trovato un po' patetiche certe domande poste dal pubblico a fine presentazione tipo per esempio <<Come ci si sente ad essere una scrittrice ghanese e africana oggi?>>
Come trovo patetiche tutte quelle persone che accentuano senza un minimo approfondire una cosa solo perché a essa viene etichettata la parola -Africa-Africano-Africana. Fortunatamente la Selasi è ben consapevole di questi atteggiamenti e la prima cosa che si è ben badata a dire è che il romanzo non è affatto "africano"; distaccandosi addirittura, con diverse battute e una certa astuzia, dal ruolo della scrittrice arrivata dal Ghana e capace di rinnovare stilisticamente il "romanzo africano".

Detto questo il lavoro di Taiye Selasi m'incuriosisce molto; in esso son sicuro di ritrovare il mondo intero che appartiene agli africani. Generazioni cosmopolite, famiglie troppo abituate alle diaspore, a infiniti viaggi e sacrifici... pronti pero' ad affrontare anche i sentieri più tortuosi (anche interiori) pur di ritrovarsi di nuovo insieme.
Ma passiamo ad altro.
L'evento che comunque più attendevo era senza ombra di dubbio quello relativo all'incontro con Vandana Shiva alle 19.30 presso Palazzo Ducale.
Davvero sorprendente la platea...
E' stato molto emozionante ascoltarla ma ammetto che non tutto quello che le esce dalla bocca per me è oro colato.
Anch'io, come milioni di persone, riconosco la necessità di risolvere le ingiustizie che creano difficoltà di accesso al cibo per molte persone nei paesi poveri, così come i problemi relativi ai temi ambientali, ci mancherebbe ma il suo approccio risolutivo davvero mi sembra un po' troppo... come dire... utopistico e forse impraticabile su scala globale (... i più cattivi la reputano addirittura ingenua!)
Resta comunque il fatto che sono davvero stato onorato di averla ascoltata dal vivo.

Ho preso qualche appunto del suo discorso che sono felice di offrirvi:
" La "crescita" favorisce le guerre a causa della caccia alle risorse, e' una misura falsa bisogna andare oltre. Bisogna riconciliare la crescita alla natura. L'economia? Un casinò globale "
" -Sviluppo- e' un termine biologico e ecologico, con i Governi c'entra poco. Oggi si considerano paesi sotto-sviluppati chi non consuma, chi non si adegua ai patti delle Nazioni che dirigono la globalizzazione. India e Cina in grande sviluppo? Sono menzogne presto il sistema anche li' crollerà... Dobbiamo rendercene conto e trasformare l'economia rendendola più umana ma purtroppo le regole del gioco più che le Nazioni le fanno le aziende, le grandi multinazionali. Noi tutti abbiamo la responsabilità di agire perché siamo cittadini del mondo e dobbiamo inseguire un bene comune preparandoci a dare battaglia tra democrazie, fatte di società civile, e dittature economiche "
" I "cambiamenti climatici" sono già un problema reale. Sono sempre più imprevedibili ed estremi. L' agricoltura biologica e la biodiversità possono essere un modo per contrastare i rischi del clima. Anche la condivisione e' una soluzione. La fame nel mondo? Bisogna usare meno risorse, abbassare i costi dell'agricoltura, contrastare i brevetti ai semi, misurare la produttività in cibo e non in beni e riprendersi la sovranità alimentare a livello locale, riscoprendo i nostri eroi: le nostre nonne, le nostre culture culinarie. Cibo e' compassione, amore e condivisione... "
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