E poi così, all'improvviso, mi chiese di descrivere quella bimba che stava seduta a cavallo di una grande pietra posizionata nel campo di fronte a noi e circondata da erbacce, tra la baraccopoli e il mare.
Ne avevo pieni i coglioni. Sentivo la puzza di pesce marcio, camminavamo da quasi cinque ore, mi faceva male tutto!
< Pablo sono stanco dei tuoi giochetti. Ammettiamolo... Abbiamo toppato stavolta! > risposi incazzato.
< Che ci sarà mai poi da vedere in questo posto! Ficcatelo in quella testa nonno! Non c'è nulla qui! >.
<Ti sbagli Fernando, ti sbagli. Sei circondato da una grande ingiustizia: L'indifferenza> Mi rispose Pablo.
< L'indifferenza? > Rimasi allibito < Ci sono un sacco di persone che vanno e vengono; Pablo è pieno di persone pronte ad aiutare qui... E' che non si possono aiutare tutte, sono troppe! >.
Ne avevo davvero piene le palle! Basta! Volevo solo tornare a casa!
< Vedi Fernando, il problema è proprio questo: le persone sono troppe, mentre i pensieri troppo pochi. Tu credi davvero che basti venire qui per aiutare? >
Calò il gelo, nessun imbarazzo romantico o robe così.
Il sole scomparve dentro il mare e di colpo fece un freddo cane. I secondi si mischiarono al vuoto, al buio.
Cazzo ebbi quasi paura!
Pablo continuava a fissarmi, camminavamo vicini, diretti verso il mare; tra noi e l'oceano rimaneva solo quella bambina, a cavallo del masso. Una strana sensazione di calore mi soffiò via l'anima e per un attimo mi ritrovai spoglio, quasi a disagio.
La bambina ora mi fissava cazzo.
Vedevo i suoi occhi brillare in quella poca luce rimasta, oramai eravamo vicinissimi. Pablo mi aveva raccontato di lei pochi giorni fa, prima di raggiungere le nostre stanze. Si sapeva solamente che l'unica cosa che le era rimasta al mondo era la sorellina più piccola di due anni. I genitori? La madre morì giovane e nessuno è stato in grado di spiegare all'associazione di cosa... Il padre? Svanì un giorno nel nulla, inghiottito nel peggiore sozzo e lercio della megalopoli. Era solita perdersi in quel prato, a fine giornata, per poi sedersi sopra quella grande pietra, circondata da erbacce, che sembravano messe lì a puntino, di proposito...
< Sei venuto a cercarmi? >
La sua voce, così armoniosa e delicata stonò in me.
< Sei venuto per portarmi via da qui vero? >
< No…> tentai di risp…
< Come ti chiami? > mi chiese.
< Mi chiamo Fernando. E tu? Tu come ti chiami? >
< Meu pai não me lembro o nome da filha? > mi disse con tono sfacciato.
Che assurdità. Ma non mi scomposi.
< Mia figlia? Tu saresti mia figlia? Una figlia non ricorda come si chiama il suo papà? >. Chiaro che si stesse prendendo giuoco di me. Mia figlia è a casa davanti alla Tv, si chiama Martha, è una bimba felice, fortunata (badai frettolosamente a ricordare dentro me... ).
< Padre dov'è Pablo? Dov'è finito Pablo? > mi chiese.
< Padre!?! Occhi verdi ascolta... Non sono tuo padre: N-O-N S-O-N-O T-U-O P-A-D-R-E capito? Mi hai capito? > dissi infastidito.
Mi girai cercando il vecchio e così facendo la sigaretta mi cadde su questa triste erbetta stempiata mista a sabbia, già inumida nonostante il gran caldo della giornata appena passata. Eravamo fianco a fianco, io e Pablo, davanti alla bambina, quando d'un tratto mi prese stringendomi forte il braccio. L'istante successivo, con la coda dell'occhio, vidi avvicinarsi la bocca di Pablo al mio orecchio. Quando mi sussurrò quelle parole oramai era troppo tardi: Rimasi immobile con gli occhi dritti che fissavo l'oceano infinito di color nero; accadde tutto in un attimo, non ebbi il tempo neppure di pensare che venni spinto e fatto sparire nel vuoto, profondo tutto me stesso.
< Fernando la bambina non ti vede, è cieca dalla nascita. Rimane qui, tutto il giorno, sopra questo grande masso, circondato da erbacce, messe forse qui a puntino dalla natura, quasi come per proteggerla… >
< Proteggerla da chi Pablo? > gli chiesi pietrificato mentre ancora precipitavo...
< Da miseri osservatori come te Fernando; che non osano più domandarsi se la propria anima è cieca oppure no > mi disse staccandosi da me, mentre le accarezzava il viso.
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