Su Greta e Vanessa sto leggendo di tutto e di più.
Io, per nessuna ragione al mondo, non sono nessuno per offenderle e nemmeno per lodarle e in questo post quindi non troverete nulla di tutto ciò. L'immortale Martin Luther King diceva: “Giudico le persone in base ai loro princìpi, non ai miei”. Difficile, difficilissimo riuscirci eppure ho sempre in mente questa frase per tante situazioni (anche per il caso Marò, se proprio ci tenete a saperlo, visto che in modo del tutto stupido, proprio nelle ultime ore, sono spesso accostati purtroppo ad eventi come questi, tuttavia del tutto differenti).
Ma tornando alle due ragazze anche io, alla loro età (e questo lo ricordo bene), non vedevo l'ora di "partire-per-andare-aiutare", tanto che, una volta diventato infermiere, sono riuscito (sempre nel limite delle mie capacità) a concretizzare il mio piccolo desiderio affrontando diverse esperienze. Non ho mai sperato in alcuna medaglia, in alcuna fama. Mi son sempre pagato tutto quello che dovevo di mia tasca. In un certo senso credo di riuscire ad interpretare quindi bene (anche se, da quello che ho capito, le loro "missioni" erano forse un po' più "schierate", passatemi il termine, delle mie...) ciò che ha "mosso" i loro intenti.
Tali esperienze mi hanno indubbiamente, in un certo senso, arricchito interiormente ma anche svuotato di tante, tantissime certezze; si, forse dovrei dire i-m-p-o-v-e-r-i-t-o o scosso in altre cose. Troppe le differenze, le ingiustizie, i confronti, le superficialità d'affronto, i comportamenti tra una realtà e l'altra. Troppe le contraddizioni di una certa concezione legata al termine -cooperazione-.
Tutto ciò scatenò in me molti dubbi e perplessità che mi portarono ad iscrivermi ad un master universitario sulla cooperazione internazionale: ad esso affidavo molte delle mie lacune. Mi ero iscritto semplicemente per capirci qualcosa di più e devo ammettere che mi servì: capii le differenze sostanziali che ci sono tra associazioni solidali e Ong, capii cosa serve davvero per essere un un buon cooperante e cosa serve per non esserlo, ascoltai per la prima volta termini quali Goals-IADG, Peacekeeping, "doni", indici di sviluppo, ciclo del progetto ecc.
Fu davvero molto interessante.
In definitiva capii che la VERA Cooperazione allo Sviluppo è una disciplina seria, complicata, difficile. Il VERO cooperante un professionista preparato su diversi ambiti: affidabile, multilingue, competente su più materie.
In sostanza capii che non avevo mai fatto il cooperante e, soprattutto, che non lo avrei mai fatto.
E questo non lo dico per sminuirmi ma, realisticamente parlando, capii che ero e rimanevo volontario infermiere perché non possedevo alcune di quelle caratteristiche "fondamentali" appartenenti alla figura lavorativa del cooperante. Esso, come già detto, è un'altra cosa.
Capii inoltre ahimè, che spesso il ruolo del cooperante nel mondo non è assolutamente riconosciuto a dovere sia dal punto di vista contrattuale che regolamentare (la legge che la regolarizzava in Italia era - ma dal 2014 è finalmente cambiata - ancora proiettata a prima che cadesse il muro di Berlino) che spesso alcuni "gruppi" solidali che non sono nemmeno associazioni si spacciano come Ong, che in molti contesti la cooperazione ha fatto più danni che altro (...e altre buone e cattive cose che non avrebbe senso parlarne in questo post). Insomma per alcuni versi... una giungla.
Ogni stato ha le sue regole, esiste una cooperazione associativa, governativa, militare. Migliaia di progetti vanno bene, nel senso che riescono dopo poco a "camminare da soli" ma tanti altri fanno fatica per non dire falliscono per una sacco di motivi. L'impegno, per quello che ho visto io, è sempre stato massimo da parte di tutti. Esistono gruppi di pochissime persone (a "casa loro" fabbri, medici, casalinghe) con gli aiuti racchiusi tutti in uno ziano e diretti nel più sperduto villaggio africano; militari esperti in cooperazione, Ong mondiali con "sotto" centinaia di stipendiati, Fondazioni milionarie più importanti in termini di "finanziamento agli aiuti allo sviluppo" dell'Onu o agenzie internazionali, progetti del tutto simili in un raggio di 20 chilometri e ventenni sfruttati fino all'osso...
Ciò che voglio dire in definitiva però è che molto spesso la "volontà" non basta.
Mai perdere il contatto con la realtà; riconoscere sempre i propri limiti, prepararsi al meglio e affidarsi ad associazioni serie.
Tornando ai miei viaggi, oggi ne sono certo: in tutte le mie esperienze "solidali" che ho intrapreso, come già scritto, non ho mai fatto il cooperante, ma solo il volontario, molto spesso il visitatore, l'ospite, a volte l'infermiere. Di tutte le realtà con la quale ho collaborato forse solo due sono risultate ai miei occhi veramente buona cooperazione. Nella maggior parte dei casi ho visto tanta sana volontà e determinazione ma realisticamente parlando poca preparazione e concretezza, soprattutto a lungo termine.
Le due coraggiose ragazze hanno sicuramente agito affidandosi con tutte le loro forze, i loro sogni, i loro intenti e le loro speranze ai loro principi. L'inesperienza, l'ingenuità, la mancanza delle necessarie competenze, la sfortuna, l'inaffidabilità di "qualcosa" che è mancato improvvisamente in loco (tra l'altro uno dei più pericolosi e sconsigliati al mondo anche da un certo mondo istituzionalmente correlato alla cooperazione per un motivo semplice: troppo pericoloso) e altre mille cose hanno fatto purtroppo il resto. Nessun consiglio, nessun giudizio. E' tutto opinabile in tema di cooperazione: non esiste un luogo, tra quelli più interessati agli aiuti allo sviluppo, meno rischioso di un altro. Cesvi per esempio lavora in Somalia a Mogadiscio, “Médecins sans frontières” invece ha deciso di non esserci perchè hanno valutato che per loro era troppo pericoloso.
Chi tra le due serie e famose ONG ha ragione?
Il tempo, una certa naturale maturità che arriverà, l'amore degli amici e dei propri famigliari, le aiuteranno a metabolizzare il tutto.
Forse un giorno a capire meglio. A stare meglio.
Lo spero con tutto il cuore.
Una cosa pregherei tutti di capire però: che la cooperazione è altra cosa e il termine "cooperanti", associato dalla maggior parte dei media a Greta e Vanessa per questa triste storia è sbagliato. Greta e Vanessa sono due volontarie italiane che hanno deciso, quasi di loro iniziativa e senza affidarsi a nessuna ONG o associazione solidale organizzata (libere di farlo), di partire per la Siria assumendosene tutti i rischi. Rapite, sono tornate a casa vive verosimilmente grazie allo sforzo d'intelligence dello Stato italiano che ha considerato, ancora una volta, preferibile per questo caso e per la salvaguardia della vita dei suoi cittadini ostaggi un certo tipo di strada (indirizzata ad una mediazione con i sequestratori con i quali, considerazione personale, dubito che non sia stato pagato un riscatto) al posto del caratteristico blitz "anglosassone". Allo Stato italiano, a tutti quei uomini di grandissimo valore che si sono prodigati alla riuscita di tale operazione, in ogni caso, da parte di tutti, andrebbero i più alti riconoscimenti per l'operazione riuscita.
Il resto, comprese le offese, da un punto di vista generale, è del tutto inutile, dannoso e, permettetemi il termine, misero.
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