Questo blog è nato una ventina di anni fa! Ha fatto a cazzotti con i primi guestbook, i primi "siti", con i vari forum ed oggi è bullizzato dai social molto più "veloci" e alla moda.. ma tutto sommato, nonostante mille cose successe, qualche cicatrice e gli acciacchi del tempo, rimane ancora in piedi! Respect!

14 settembre 2010

home sweet home...

Ho sentito le ruote dell'aereo fischiare, poi un brusco "scossone" ed è così che mi sono svegliato. Durante il breve tragitto da Roma a Milano non avrei mai pensato di addormentarmi. Credo di aver accumulato molta sporcizia e tanta stanchezza, ma ne è davvero valsa la pena. Sono a casa. Sono emozionato, eccitato. Ho voglia di scrivere, raccontare.

Sono circondato da manager che di buona mattina, ogni quarto d'ora, migrano dalla capitale verso Milano per poi fare ritorno a casa in serata. Tutti i giorni. Donne davvero bellissime, alte, truccate. Uomini lampadati, brizzolati ed ingessati. A bordo c'è chi legge la Stampa, il Corriere, Il Sole24Ore. Qualcuno si ripassa gli appunti del giorno ed accende il portatile. Alcuni uomini portano gli occhiali da sole, anche se non c'è il sole. Alcune donne si ripassano il rossetto, nonostante il rossetto sia perfettamente ben posizionato e perfettamente al suo posto.

Tutti si specchiano con tutti.

Ho visto Roma dall'alto, imperiale e davvero bellissima. L'aereo lascia la città per dirigersi subito verso la costa. La risale tutta ed in meno di un ora voli sulla pianura padana e poi sei sopra a Milano. La riconosci dal suo traffico, dal suo affascinante grigiore.

L'aereo si è poi fermato, mi sono alzato e diretto verso l'uscita. Saluto la hostes che non mi saluta, scendo le scale e mi sento felice. Ce l'ho fatta! Arriva a prenderci un pulman, ci porterà al terminal. Siamo stretti ed un po' mi vergogno perchè tra tanti profumi io non profumo, anzi. A dire il vero ho un aspetto terribile, barba incolta, capelli unti e spettinati, occhiaie ed abiti sporchi. Non c'entro davvero niente con tutti coloro che mi circondano e la cosa un po' mi diverte. Mi sento stanco eppure mi metterei a correre urlando di gioia. E' in momenti come questi che, di solito, mi diverto a fare un veloce "filmino" mentale dell'intero viaggio; Lo ripercorro unendo lampi di pensieri. So che può sembrare banale ma lo trovo molto emozionante.
E' un attimo.

Ed in un attimo mi son rivisto salutare i miei amici, abbracciandoli e nascondendogli la mia commozione il giorno della partenza a Milano. Mi sono rivisto subito dopo a Il Cairo, dove mi si avvicina una ragazza di nome Sameen (scopro più tardi che significa "preziosa"), indossa il chador, sorridente ed incuriosita. Di lei ricordo il piacevole profumo, la perfezione dei lineamenti del viso. La voglia di confrontarsi con la diversità delle cose che, per certi aspetti, solo un aeroporto può regalarti inaspettatamente. Sentirle dire che adora l'Europa, che le piacerebbe visitare Parigi e che solo studiando e rispettando le culture degli altri riusciremo ad accettarci. Solo ora comprendo la mia stupidità nel non capire che quelle parole profumavano di libertà, di vita, di resistenza quando, una volta a Khartoum, il suo viso, quello stesso viso così espressivo e meravigliato che ricordavo di aver visto in Egitto, divenne silenzioso, scuro e  apatico una volta atterrati in Sudan. La mia stupidità nel tentativo di salutarla, con un cenno ed un briciolo di voce, un'ultima volta, senza capire che non poteva ricambiare per paura di essere vista, per paura di essere giudicata.

Mi son rivisto poi in Sudan, a disagio ed incredulo nel campo profughi di Mayo. Non ci sono parole nel raccontare tanta disperazione, tanta povertà. Guardare pensieroso il Nilo e masticare, senza accorgertene, sabbia rossa.
Mi sono meravigliato all'interno della rianimazione del "Salam", l'ospedale di cardiochirurgia di Emergency. In mezzo a tanti gravi bambini e ragazzi cardiopatici che, da quell' intervento,  avranno in regalo una seconda vita.

Mi son rivisto piangere di gioia per la prima volta e dirlo senza paura a qualcuno.

E poi in Etiopia, assaporarne tutti gli incredibili odori e sapori ed i suoi strepitosi paesaggi. Riconoscere il nuovo fiore, abbracciare Sunneth, salutare i miei amici, le sisters, salire sui pck-up e macinare chilometri e polvere, vivere un nuovo capodanno, salutare il 2002 per la seconda volta in otto anni e saltare quindi sui falò (in Etiopia infatti, essendo ancora in uso il calendario Giuliano, pochi giorni fa si è entrati nel 2003!). Conoscere Claudio, la professoressa Laura e la "teacher" Mariuccia. Una donna curiosa di ottanta anni. L'ho adorata fin da subito. Coltissima, di un' eleganza rara e raffinata, giunta in Etiopia per insegnare l'inglese. Mi ha fatto crescere sentirla raccontare, sentirla ancora domandare, stupirsi ancora delle cose.

Mi son rivisto lottare ogni sera, prima di addormentarmi, con decine e decine d'insetti attirati dalla mia piccola torcia, stramaledire poi tutti nel vedere decine e decine di bambini senza scarpe per le strade, per i campi, che, come gli insetti attirati dalla luce, vengono attirati dagli stranieri; Ti sorridono nella speranza di avere un maledetto birr, quando tu sei  maledettamente consapevole che ventun birr corrispondono ad un euro!

Mi son rivisto felice una volta completati tutti i lavori, tutti gli incontri, tutti gli accordi, le strette di mano, le foto, gli appunti e assolutamente frastornato nel conoscere e riuscire a scambiare due chiacchiere con Angelino, siciliano, da cinquantasei anni residente in Etiopia e, poco prima, camminare all'interno de Merkato di Addis (e chi conosce la città sa cosa vuol dire!!).

Mi son rivisto piangere per la seconda volta, quando finalmente ho incontrato il vero motivo di questa avventura. Quando, finalmente, ho conosciuto i due bambini che andranno al "Salam" per essere curati, gratuitamente. Il quel momento ho provato una gioia indescrivibile ed è stato, sicuramente, uno dei momenti più belli della mia vita.

Ed infine, quando tutto sembrava perfetto, quando tutto sembrava compiuto, mi son rivisto Suor Sandra avvicinarsi frettolosamente a me e sospirare:
"E' morto, il bambino è morto...".

Ho pregato quel bambino di nove anni, visitato più volte nel corso dei mesi, segnalato e risegnalato. Stritolarsi il petto nel chiedersi, nel domandarsi se si poteva fare di più e, in attesa di una risposta, consolarmi nei pensieri di  Alex Zanotelli, quando dice che a volte non contano i risultati, conta aver percorso un cammino di sofferenza insieme, mettendocela tutta e dando il meglio che si poteva dare e trovare quindi poco dopo la risposta. Si, si poteva dannatamente dare di più!

Ora vedo di fianco a me una bellissima ragazza, avrà circa trent'anni. Biondissima, statuaria, neanche troppo truccata. Parla con un elegante uomo vestito in grigio, sulla cinquantina, una normale cravatta sopra ad una limpidissima camicia bianca, porta poi delle scarpe lucidissime di color nero. Abbronzatissimo, brizzolato, alto ed in sovrappeso. Discute animatamente dei sui figli, che, nemmeno quindicenni, gli continuano a chidere "il mondo". Lui per accontentarli confida alla ragaza di comprargli tutto, così "..se stanno zitti e non rompono i cojoni..". Lei lo conforta e si congratula in modo sincero per la sua elasticità mentale che, a suo parere, verrà premiata.

Entriamo in aeroporto e ritiro miracolosamente subito il bagaglio. Varco la soglia dell'uscita degli arrivi e mi trovo davanti un bar. Sento il profumo del cappuccino, sento l'odore di cornetto e caffè. Che meraviglia! Sullo sfondo una grande Tv rivela a tutti noi presenti che, finalmente, Briatore e la Gregoracci potranno riutilizzare il loro Yacht. Il giornalista si dice "molto contento per loro".

A me, invece, manca già tanto ma tanto l'Africa.

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