In pronto soccorso capita spesso di avere a che fare con i bambini. Quando poi si feriscono e necessitano magari dei terribili "punti" allora è il panico. Ma non tutti i bambini si scatenano anzi, molti rimangono impassibili per tutta la durata del piccolo intervento, fermi immobili e bravissimi. Sono spesso i genitori che vanno "monitorati" ed a volte assistiti per lo spavento e la preoccupazione; Un'ansia tutto sommato del tutto giustificabile, ci mancherebbe. Ed è incredibile come, alla fine di tutto, il padre, sudatissimo, o la madre, bianchissima, rivolgano all'amata creatura sempre la fatidica frase: " ora-ti-meriti-un-bel-gelato " se è estate, oppure " ora-andiamo-a-comprarci-un-bel-giocattolo " se invece è inverno.
Anche io da piccolino mi feci male. Ricordo che mio padre per tirarmi su il morale andò a comprarmi un giocattolo gigante. Ero felicissimo e che fortuna! Primo perchè avevo accanto mio padre, secondo per il bellissimo giocattolo! Un mega-lego da aggiunge agli altri! Bellissimo!
Essendo stato un bravo bambino quindi pieno di giocattoli, voglio provare a ricordare che significato aveva per me un bel giocattolo.
Un giocattolo voleva dire entrare in un nuovo mondo. Fuggire da una vecchia fantasia e, senza accorgetene, da un altro giocattolo. Significava tradire. Significava avere paura di rovinarlo o temere che finisse qualcosa di non percepibile ma che, in qualche magico modo, si era creato. L'importante era giocare, giocare, giocare. Chiudersi nelle sue regole, sperimentare con il caso e non dar retta al tempo. Ridere, sudare, scatenarsi.
I miei genitori mi hanno regalato un sacco di giochi ed essendo gemellino poi eran tutti doppi! Quanto mi son divertito! Quanto son stato fortunato!
Ma ALT! Forse ho esagerato un po'. Giocavo e basta. In realtà non pensavo minimamente a tutto questo ed in fondo provo a farlo ora per rivivere quelle sensazioni. Il gioco lo azzannavo egoisticamente ed al diavolo tutto, mi divertivo come un matto per ore, per poi mollarlo, fino a quando non ne volevo un altro! Che, come per magia, senza badare a spese, arrivava qualche mese dopo! Evvai!
Che vergogna ripensarci e che fortuna che ho avuto a nascere dove son nato. Strana la vita, spesso la gente più fortunata si dimentica dove è nata, abusando a volte della sua fortuna, mancandole di rispetto, sfidandola; Mentre chi è più sfortunato ne ha invece purtroppo piena consapevolezza e si abbandona alla disperazione perchè proprio non c'è via d'uscita. Rimanendo inerme, davanti alla misera vita. Stramaledicendola.
In Africa i giochi sono pochi. Molti sono vecchi, rotti, una volta chissà molto probabilmente appartenuti a due gemellini viziati in Italia, donati a qualche associazione umanitaria e finiti in qualche modo dentro un magazzino ad Addis Abeba.
I bambini negli ospedali non ci vanno perchè non ci sono o son troppo lontani o, se ci vanno, nella maggior parte dei casi non guariscono.
A quelli ricoverati in mezzo alla sporcizia, distesi in letti sporchi e sorvolati dalle mosche, i giochi non arrivano. Il padre o la madre, se sono ancora vivi, non hanno sufficienti birr per regalarglieli in quanto tutto quello che avevano l'hanno utilizzato per comprare i farmaci da fornire all'ospedale. Ed la beffa è che i bambini, nonostante i farmaci prodotti in Cina, muoiono lo stesso.
Molti bambini il padre non ce l'hanno più. E' scappato abbandonando la famiglia senza dare più notizie, o morto in guerra al confine dell'Eritrea, o cercando di fuggire dal proprio paese sognando l'Italia per poi essere ucciso dal deserto libico.
Molte bambine la madre non ce l'hanno più. Morta di aids, la piccola è sfortunatamente rimasta sola con il padre, il quale non ci ha pensato molto a venderla o farla prostituire per poi andare ad ubriacarsi con tutto il suo guadagno.
Se poi entrambi i genitori sono vivi ma schiacciati dalla miseria e dalla povertà per molti padri dei propri piccoli malati non interessa un bel niente; I bimbi sono un peso, se femminucce ancora peggio, valgono meno del bue che trascina l'aratro spinto dalla moglie fuori nei campi, mentre egli bighellona in città. Figuriamoci.
Chi invece è orfano oppure abbandonato a se stesso, peggio di un cane, nelle campagne o nelle grandi città non gioca. Ha cose più importanti da fare, per esempio sopravvivere.
Chi è più fortunato, chi possiede un gioco, se lo tiene stretto. Vale oro. Sa benissimo che sarà difficile averne un altro e non basterà richiederlo o fare i capricci per averlo.
Chi è stra-fortunato in vacanza o di ritorno ad Addis Abeba, figlio di chi conta, gioca nella piscina dello Sheraton, o sui suoi balconi e vede tutti gli altri bambini dall'alto, elemosinare ai suoi piedi, davanti ai cancelli del lussuoso hotel. E si diverte un sacco perchè dall'alto sembrano tutti soldatini!
Ma come diceva Edwar Hall..si può negare, se si vuole, quasi ogni astrazione: giustizia, bellezza, divinità, verità, Dio. Si può negare la serietà, ma non il gioco.
Che è più forte di tutto e di tutti. Perfino della miseria. E questo i bambini lo sanno bene.
E come per magia un puzzolente ed arrugginito camion addetto alla raccolta di rifiuti della megalopoli di Addis Abeba diventa una giostra, un incredibile gioco. Dove potersi divincolare e fare le boccacce alla macchine che ti seguono.
Dove potersi beffare e burlare, per pochi attimi, della cruda realtà.
Anche io da piccolino mi feci male. Ricordo che mio padre per tirarmi su il morale andò a comprarmi un giocattolo gigante. Ero felicissimo e che fortuna! Primo perchè avevo accanto mio padre, secondo per il bellissimo giocattolo! Un mega-lego da aggiunge agli altri! Bellissimo!
Essendo stato un bravo bambino quindi pieno di giocattoli, voglio provare a ricordare che significato aveva per me un bel giocattolo.
Un giocattolo voleva dire entrare in un nuovo mondo. Fuggire da una vecchia fantasia e, senza accorgetene, da un altro giocattolo. Significava tradire. Significava avere paura di rovinarlo o temere che finisse qualcosa di non percepibile ma che, in qualche magico modo, si era creato. L'importante era giocare, giocare, giocare. Chiudersi nelle sue regole, sperimentare con il caso e non dar retta al tempo. Ridere, sudare, scatenarsi.
I miei genitori mi hanno regalato un sacco di giochi ed essendo gemellino poi eran tutti doppi! Quanto mi son divertito! Quanto son stato fortunato!
Ma ALT! Forse ho esagerato un po'. Giocavo e basta. In realtà non pensavo minimamente a tutto questo ed in fondo provo a farlo ora per rivivere quelle sensazioni. Il gioco lo azzannavo egoisticamente ed al diavolo tutto, mi divertivo come un matto per ore, per poi mollarlo, fino a quando non ne volevo un altro! Che, come per magia, senza badare a spese, arrivava qualche mese dopo! Evvai!
Che vergogna ripensarci e che fortuna che ho avuto a nascere dove son nato. Strana la vita, spesso la gente più fortunata si dimentica dove è nata, abusando a volte della sua fortuna, mancandole di rispetto, sfidandola; Mentre chi è più sfortunato ne ha invece purtroppo piena consapevolezza e si abbandona alla disperazione perchè proprio non c'è via d'uscita. Rimanendo inerme, davanti alla misera vita. Stramaledicendola.
In Africa i giochi sono pochi. Molti sono vecchi, rotti, una volta chissà molto probabilmente appartenuti a due gemellini viziati in Italia, donati a qualche associazione umanitaria e finiti in qualche modo dentro un magazzino ad Addis Abeba.
I bambini negli ospedali non ci vanno perchè non ci sono o son troppo lontani o, se ci vanno, nella maggior parte dei casi non guariscono.
A quelli ricoverati in mezzo alla sporcizia, distesi in letti sporchi e sorvolati dalle mosche, i giochi non arrivano. Il padre o la madre, se sono ancora vivi, non hanno sufficienti birr per regalarglieli in quanto tutto quello che avevano l'hanno utilizzato per comprare i farmaci da fornire all'ospedale. Ed la beffa è che i bambini, nonostante i farmaci prodotti in Cina, muoiono lo stesso.
Molti bambini il padre non ce l'hanno più. E' scappato abbandonando la famiglia senza dare più notizie, o morto in guerra al confine dell'Eritrea, o cercando di fuggire dal proprio paese sognando l'Italia per poi essere ucciso dal deserto libico.
Molte bambine la madre non ce l'hanno più. Morta di aids, la piccola è sfortunatamente rimasta sola con il padre, il quale non ci ha pensato molto a venderla o farla prostituire per poi andare ad ubriacarsi con tutto il suo guadagno.
Se poi entrambi i genitori sono vivi ma schiacciati dalla miseria e dalla povertà per molti padri dei propri piccoli malati non interessa un bel niente; I bimbi sono un peso, se femminucce ancora peggio, valgono meno del bue che trascina l'aratro spinto dalla moglie fuori nei campi, mentre egli bighellona in città. Figuriamoci.
Chi invece è orfano oppure abbandonato a se stesso, peggio di un cane, nelle campagne o nelle grandi città non gioca. Ha cose più importanti da fare, per esempio sopravvivere.
Chi è più fortunato, chi possiede un gioco, se lo tiene stretto. Vale oro. Sa benissimo che sarà difficile averne un altro e non basterà richiederlo o fare i capricci per averlo.
Chi è stra-fortunato in vacanza o di ritorno ad Addis Abeba, figlio di chi conta, gioca nella piscina dello Sheraton, o sui suoi balconi e vede tutti gli altri bambini dall'alto, elemosinare ai suoi piedi, davanti ai cancelli del lussuoso hotel. E si diverte un sacco perchè dall'alto sembrano tutti soldatini!
Ma come diceva Edwar Hall..si può negare, se si vuole, quasi ogni astrazione: giustizia, bellezza, divinità, verità, Dio. Si può negare la serietà, ma non il gioco.
Che è più forte di tutto e di tutti. Perfino della miseria. E questo i bambini lo sanno bene.
E come per magia un puzzolente ed arrugginito camion addetto alla raccolta di rifiuti della megalopoli di Addis Abeba diventa una giostra, un incredibile gioco. Dove potersi divincolare e fare le boccacce alla macchine che ti seguono.
Dove potersi beffare e burlare, per pochi attimi, della cruda realtà.
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