Molti non sanno che il 12 maggio si festeggia la giornata internazionale dell'Infermiere.
E' una festa importante ma credo purtroppo ancora poco conosciuta dalla maggior parte dei cittadini e spesso non commemorata a dovere da parte delle istituzioni.
Come "regalo di compleanno" pochi giorni fa l'Ipasvi (acronimo di Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici di Infanzia), la Federazione Nazionale dei Collegi Infermieri, ha attivato in rete il nuovo portale web a questo indirizzo: www.ipasvi.it.
Il sito è veramente ben fatto, molto bello ed interattivo. Gli diedi un'occhiata un po' più approfondita durante la notte scorsa, di sfuggita, al lavoro approfittando della momentanea calma. Saranno state quasi le tre di notte, il reparto era tranquillo, un solo paziente, il signor Lino, tenuto in osservazione ed accompagnato dalla moglie.
Il pronto soccorso insomma riposava, cercando di riprendere fiato, in attesa di un nuovo lungo giorno.
Durante il trascorrere del tempo il pronto soccorso è come un grande mammifero che ogni giorno migra compiendo centinaia di chilometri per poi tornare da dove è partito in modo ciclico e lo fa spesso soffrendo, resistendo alla miriade dei sentimenti umani che ci accompagnano da sempre. Se il destino glielo permette, durante la notte, il grande mammifero ha l'opportunità di riprendere fiato (ma spesso non è affatto così, basti pensare ai pronto soccorso delle grandi città..), consapevole che un nuovo giorno, poco dopo, riprenderà.
Quel giorno sarà poi scandito ancora una volta dalle incertezze del tempo che come la pioggia, il sole o il vento, risultano essere del tutto comparabili a tutto ciò che ci riserva beffardamente, spesso quando meno ce lo aspettiamo, schiaffeggiandoci, la vita, il destino. Dal semplice taglietto al dito ad una tragica prematura scomparsa improvvisa.
Durante la notte, all'interno dell'ospedale, il malato spesso non riposa, fa fatica a prendere sonno o si è già svegliato. I rumori si fanno più intensi, le luci più forti, i passi più pesanti, il dolore più angosciante e la solitudine (pensiamo a quanti anziani o stranieri rimangono soli..) più reale e spietata.
Eppure il malato non è solo.
In tutto il mondo, o meglio, nelle zone del mondo più ricche, dove c'è un malato c'è un infermiere.
Un infermiere che magari (anzi sicuramente) non ha ancora il tablet (..come è mostrato nella fotografia sulla home del portale Ipasvi!) ma che è pronto ad ascoltarti anche alle quattro del mattino, pronto a riconoscere un particolare bisogno ed a soddisfarlo nel migliore dei modi assistendoti con professionalità e resistendo alla miriade di tutti quei sentimenti umani che ci accompagnano appunto da sempre.
La calma di quella notte, e di conseguenza la mia esplorazione al nuovo portale Ipasvi, fu interrotta dal suono del campanello proveniente dal letto del signor Lino. Quando entrai in stanza ritrovai l'anziana moglie, conosciuta all'inizio del turno, occupata a rincorrere Lino per la camera, confuso e disorientato, cercando di calmarlo senza però riuscire.
Il povero signor Lino è affetto da una delle più spietate quanto crudeli malattie di questo secolo: Il morbo di Alzheimer. Il morbo di Alzheimer è una demenza degenerativa invalidante ad esordio prevalentemente senile (oltre i 65 anni, ma può manifestarsi anche prima). Prende il nome dal suo scopritore, Alois Alzheimer. La sua
ampia e crescente diffusione nella popolazione, la limitata e comunque non risolutiva efficacia delle terapie disponibili, e gli enormi impatti in termini di risorse necessarie (emotive, organizzative ed economiche) che ricadono sui familiari dei malati, la rendono una delle patologie a più grave impatto sociale del mondo.
Il mio carissimo nonno si ammalò di Alzheimer; so dunque bene cosa è capace, purtroppo, di scatenare.
Ho provato con il tempo a "capire" a "dare un "senso" all'Alzheimer ma è molto dura e, a tutt'oggi, faccio molta fatica ad associare una parola che descriva in modo esaustivo questa atroce malattia.
E' come se la ragione, rapita forse dal destino, abbandoni lentamente la componente fisica, spesso ancora del tutto integra, lasciandola ad esplicare un lavoro esclusivamente fisiologico. La mente si svuota, piano piano, giorno dopo giorno, lentamente si offusca.
Tutto ha inizio con la comparsa di piccole amnesie, accompagnate successivamente da ricordi confusi legati, nella maggior parte dei casi, al passato, alla gioventù. Subentrano poi disturbi del comportamento con comparsa di atteggiamenti del tutto opposti a quando si stava bene, disorientamenti temporo-spaziali, legati al ciclo del sonno e veglia, ed altri sintomi. Insomma la mente muore prima del corpo, va in cortocircuito fino ad incendiarsi e la persona rimane asfissiata dal fumo della demenza.
Inutile dire che la prognosi è infausta.
A ciò pensavo quando mi trovai d'inanzi la moglie del signor Lino; una piccola donna con due grandi occhiali ed un viso stanco. Un viso esausto per colpa di troppe notti passate insonni nel tentativo di riportarlo a letto, nel tentativo di riuscire a fargli fare anche solamente un poco di pipì prima che si riesca ad addormentare per non fargliela fare addosso, oppure passate ad inseguirlo per casa o in strada o a ripetergli la stessa parola decine e decine di volte.
La signora mi confidò di essere impegnata con tutte le sue ultime forze in un'ultima grande, grandissima sfida. Una sfida più grande di lei, sicuramente la più importante di tutta la sua intera vita e cioè assistere suo marito.
Suo marito che non la riconosce più, che la offende senza motivo, che l'ignora.
Suo marito che l'ha dimenticata perché malato di Alzheimer.
Proviamo ad immedesimarci..
Mi confidò infine, teneramente, di pregare tutti i giorni il Signore Misericordioso affinché, quando arriverà l'ora, accolga nel suor regno prima lui che lei cosicché possa accudirlo fino all'ultimo, senza quindi abbandonarlo a se stesso lasciandolo solo, in balia di chissà chi..
Dopo quelle parole il silenzio ci inghiottì.
Mi raccontò tutto in dialetto, piangendo, delicatamente, affidandosi con forza al grande mammifero ancora intento a riprendere fiato in quella notte d'ospedale uguale a tante altre notti.
Dove tutti i rumori si fanno più intensi, le luci più forti, i passi più pesanti, il dolore più angosciante e la solitudine più reale e spietata.
Ed io l'ascoltai.
Per maggiori informazioni:
http://www.alzheimer.it/
http://www.alzheimer-aima.it/
http://www.neuropsicologia.it/content/view/246/105/
Trailer film - Poetry -
E' una festa importante ma credo purtroppo ancora poco conosciuta dalla maggior parte dei cittadini e spesso non commemorata a dovere da parte delle istituzioni.
Come "regalo di compleanno" pochi giorni fa l'Ipasvi (acronimo di Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici di Infanzia), la Federazione Nazionale dei Collegi Infermieri, ha attivato in rete il nuovo portale web a questo indirizzo: www.ipasvi.it.
Il sito è veramente ben fatto, molto bello ed interattivo. Gli diedi un'occhiata un po' più approfondita durante la notte scorsa, di sfuggita, al lavoro approfittando della momentanea calma. Saranno state quasi le tre di notte, il reparto era tranquillo, un solo paziente, il signor Lino, tenuto in osservazione ed accompagnato dalla moglie.
Il pronto soccorso insomma riposava, cercando di riprendere fiato, in attesa di un nuovo lungo giorno.
Durante il trascorrere del tempo il pronto soccorso è come un grande mammifero che ogni giorno migra compiendo centinaia di chilometri per poi tornare da dove è partito in modo ciclico e lo fa spesso soffrendo, resistendo alla miriade dei sentimenti umani che ci accompagnano da sempre. Se il destino glielo permette, durante la notte, il grande mammifero ha l'opportunità di riprendere fiato (ma spesso non è affatto così, basti pensare ai pronto soccorso delle grandi città..), consapevole che un nuovo giorno, poco dopo, riprenderà.
Quel giorno sarà poi scandito ancora una volta dalle incertezze del tempo che come la pioggia, il sole o il vento, risultano essere del tutto comparabili a tutto ciò che ci riserva beffardamente, spesso quando meno ce lo aspettiamo, schiaffeggiandoci, la vita, il destino. Dal semplice taglietto al dito ad una tragica prematura scomparsa improvvisa.
Durante la notte, all'interno dell'ospedale, il malato spesso non riposa, fa fatica a prendere sonno o si è già svegliato. I rumori si fanno più intensi, le luci più forti, i passi più pesanti, il dolore più angosciante e la solitudine (pensiamo a quanti anziani o stranieri rimangono soli..) più reale e spietata.
Eppure il malato non è solo.
In tutto il mondo, o meglio, nelle zone del mondo più ricche, dove c'è un malato c'è un infermiere.
Un infermiere che magari (anzi sicuramente) non ha ancora il tablet (..come è mostrato nella fotografia sulla home del portale Ipasvi!) ma che è pronto ad ascoltarti anche alle quattro del mattino, pronto a riconoscere un particolare bisogno ed a soddisfarlo nel migliore dei modi assistendoti con professionalità e resistendo alla miriade di tutti quei sentimenti umani che ci accompagnano appunto da sempre.
La calma di quella notte, e di conseguenza la mia esplorazione al nuovo portale Ipasvi, fu interrotta dal suono del campanello proveniente dal letto del signor Lino. Quando entrai in stanza ritrovai l'anziana moglie, conosciuta all'inizio del turno, occupata a rincorrere Lino per la camera, confuso e disorientato, cercando di calmarlo senza però riuscire.
Il povero signor Lino è affetto da una delle più spietate quanto crudeli malattie di questo secolo: Il morbo di Alzheimer. Il morbo di Alzheimer è una demenza degenerativa invalidante ad esordio prevalentemente senile (oltre i 65 anni, ma può manifestarsi anche prima). Prende il nome dal suo scopritore, Alois Alzheimer. La sua
ampia e crescente diffusione nella popolazione, la limitata e comunque non risolutiva efficacia delle terapie disponibili, e gli enormi impatti in termini di risorse necessarie (emotive, organizzative ed economiche) che ricadono sui familiari dei malati, la rendono una delle patologie a più grave impatto sociale del mondo.
Il mio carissimo nonno si ammalò di Alzheimer; so dunque bene cosa è capace, purtroppo, di scatenare.
Ho provato con il tempo a "capire" a "dare un "senso" all'Alzheimer ma è molto dura e, a tutt'oggi, faccio molta fatica ad associare una parola che descriva in modo esaustivo questa atroce malattia.
E' come se la ragione, rapita forse dal destino, abbandoni lentamente la componente fisica, spesso ancora del tutto integra, lasciandola ad esplicare un lavoro esclusivamente fisiologico. La mente si svuota, piano piano, giorno dopo giorno, lentamente si offusca.
Tutto ha inizio con la comparsa di piccole amnesie, accompagnate successivamente da ricordi confusi legati, nella maggior parte dei casi, al passato, alla gioventù. Subentrano poi disturbi del comportamento con comparsa di atteggiamenti del tutto opposti a quando si stava bene, disorientamenti temporo-spaziali, legati al ciclo del sonno e veglia, ed altri sintomi. Insomma la mente muore prima del corpo, va in cortocircuito fino ad incendiarsi e la persona rimane asfissiata dal fumo della demenza.
Inutile dire che la prognosi è infausta.
A ciò pensavo quando mi trovai d'inanzi la moglie del signor Lino; una piccola donna con due grandi occhiali ed un viso stanco. Un viso esausto per colpa di troppe notti passate insonni nel tentativo di riportarlo a letto, nel tentativo di riuscire a fargli fare anche solamente un poco di pipì prima che si riesca ad addormentare per non fargliela fare addosso, oppure passate ad inseguirlo per casa o in strada o a ripetergli la stessa parola decine e decine di volte.
La signora mi confidò di essere impegnata con tutte le sue ultime forze in un'ultima grande, grandissima sfida. Una sfida più grande di lei, sicuramente la più importante di tutta la sua intera vita e cioè assistere suo marito.
Suo marito che non la riconosce più, che la offende senza motivo, che l'ignora.
Suo marito che l'ha dimenticata perché malato di Alzheimer.
Proviamo ad immedesimarci..
Mi confidò infine, teneramente, di pregare tutti i giorni il Signore Misericordioso affinché, quando arriverà l'ora, accolga nel suor regno prima lui che lei cosicché possa accudirlo fino all'ultimo, senza quindi abbandonarlo a se stesso lasciandolo solo, in balia di chissà chi..
Dopo quelle parole il silenzio ci inghiottì.
Mi raccontò tutto in dialetto, piangendo, delicatamente, affidandosi con forza al grande mammifero ancora intento a riprendere fiato in quella notte d'ospedale uguale a tante altre notti.
Dove tutti i rumori si fanno più intensi, le luci più forti, i passi più pesanti, il dolore più angosciante e la solitudine più reale e spietata.
Ed io l'ascoltai.
Per maggiori informazioni:
http://www.alzheimer.it/
http://www.alzheimer-aima.it/
http://www.neuropsicologia.it/content/view/246/105/
Trailer film - Poetry -
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