Pochi giorni fa mi trovavo a Modena. Stavo percorrendo frettolosamente la strada che mi avrebbe ricondotto all'albergo dove a breve avrei ricomposto le mie cose per ripartire verso casa. Fissavo le vetrine a lato, senza darci in realtà troppa importanza.
All'improvviso la mia attenzione fu pizzicata da una "strana" vetrina che si trovava dietro ad un riparo. In realtà più che un riparo era una vera e propria siepe, abbastanza alta, tanto da non permettere da dove mi trovavo io, sul marciapiede a fianco della carreggiata, quasi di vederla. La notai di sfuggita passando frettolosamente. Con la coda dell'occhio vidi, è il caso di dirlo, "parcheggiate" dietro al vetro, sedute rispettivamente su delle carrozzine, tre anziane signore immobili nel fissare la siepe. Ed è stato come un fulmine a ciel sereno. Non ci volle molto nel capire che si trattava di una casa di riposo per anziani. Ricordo le loro espressioni; i visi fissi e tristi ipnotizzati dalla siepe. Gli sguardi leggermente inclinati verso il basso apatici, prostrati dal tempo, passivi. Disinteressati alla vita. In realtà non accadde nulla; io rallentai un pochino e non so nemmeno bene il perché. Forse per pietà? Forse.
Guardai la vetrina, con quelle tre vite nascoste dietro ad una siepe e ad un vetro, eclissate da un mondo oggi troppo accecante per i loro deboli occhi; intente a spiare le giornate e chissà..ancora in trepida attesa di scrutare dall'orizzonte un pochino d'entusiasmo, come quello d'una volta, che da troppo tempo oramai non torna a trovarle, troppo stanco, a questo punto della vita, per sbucare all'improvviso.
Nella mattinata avevo consegnato in tempo le tre tesine che mi ero promesso a tutti i costi di fare ed in più avevo da pochissimo svolto l'esame del primo semestre legato al master. Era andato tutto bene. Nel pomeriggio avevo fatto, insieme ai miei compagni di corso, una splendida festa al parco; una bellissima mangiata e bevuta tra chitarre, foto ricordo, gavettoni e pallonate. Chi poi mi riaccompagnò all'incrocio, a circa duecento metri dal mio albergo, lo fece con una bellissima Volkswagen Golf cabriolet anni ottanta. Ricordo che c'era un sole accecante. Mi sentivo libero, felice e fortunatissimo, con i capelli al vento, gli occhiali da sole, la pelle sudata, la giusta musica sottofondo e quell'entusiasmo che ti segue da bambino e che sbuca all'improvviso nei momenti più belli della vita.
All'improvviso la mia attenzione fu pizzicata da una "strana" vetrina che si trovava dietro ad un riparo. In realtà più che un riparo era una vera e propria siepe, abbastanza alta, tanto da non permettere da dove mi trovavo io, sul marciapiede a fianco della carreggiata, quasi di vederla. La notai di sfuggita passando frettolosamente. Con la coda dell'occhio vidi, è il caso di dirlo, "parcheggiate" dietro al vetro, sedute rispettivamente su delle carrozzine, tre anziane signore immobili nel fissare la siepe. Ed è stato come un fulmine a ciel sereno. Non ci volle molto nel capire che si trattava di una casa di riposo per anziani. Ricordo le loro espressioni; i visi fissi e tristi ipnotizzati dalla siepe. Gli sguardi leggermente inclinati verso il basso apatici, prostrati dal tempo, passivi. Disinteressati alla vita. In realtà non accadde nulla; io rallentai un pochino e non so nemmeno bene il perché. Forse per pietà? Forse.
Guardai la vetrina, con quelle tre vite nascoste dietro ad una siepe e ad un vetro, eclissate da un mondo oggi troppo accecante per i loro deboli occhi; intente a spiare le giornate e chissà..ancora in trepida attesa di scrutare dall'orizzonte un pochino d'entusiasmo, come quello d'una volta, che da troppo tempo oramai non torna a trovarle, troppo stanco, a questo punto della vita, per sbucare all'improvviso.
Nella mattinata avevo consegnato in tempo le tre tesine che mi ero promesso a tutti i costi di fare ed in più avevo da pochissimo svolto l'esame del primo semestre legato al master. Era andato tutto bene. Nel pomeriggio avevo fatto, insieme ai miei compagni di corso, una splendida festa al parco; una bellissima mangiata e bevuta tra chitarre, foto ricordo, gavettoni e pallonate. Chi poi mi riaccompagnò all'incrocio, a circa duecento metri dal mio albergo, lo fece con una bellissima Volkswagen Golf cabriolet anni ottanta. Ricordo che c'era un sole accecante. Mi sentivo libero, felice e fortunatissimo, con i capelli al vento, gli occhiali da sole, la pelle sudata, la giusta musica sottofondo e quell'entusiasmo che ti segue da bambino e che sbuca all'improvviso nei momenti più belli della vita.
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