Questo blog è nato una ventina di anni fa! Ha fatto a cazzotti con i primi guestbook, i primi "siti", con i vari forum ed oggi è bullizzato dai social molto più "veloci" e alla moda.. ma tutto sommato, nonostante mille cose successe, qualche cicatrice e gli acciacchi del tempo, rimane ancora in piedi! Respect!

16 aprile 2012

L'afriemilia ce l'ha duro

Pochi giorni fa mi sono recato a Parma intento ad assaporare la cucina etiope.
A Parma esiste infatti un ristorante gestito da una famiglia proveniente dal Corno d'Africa, che cucina  le tradizionali specialità eritree ed etiopi oltre che della ottima pizza e le classiche specialità emiliane.

Amo questi rapporti di dipendenza culturale reciproca nel bel centro della fantomatica "Padania"; mi fanno, ed è proprio il caso di dirlo, letteralmente leccare i baffi!

Ma torniamo alla seratina parmigiana ed al suo ristorante afriemiliano; la conduzione è famigliare e, inutile dire, sono molto simpatici. L'ambiente è tranquillo, semplice. A dire il vero non è tanto caratteristico (..non ricorda quasi per nulla l'Africa "immaginata") ma vi assicuro che se volete assaporare un piatto tipico del Corno, quale può essere per esempio l'injera (in eritreo mogogò), sappiate che è davvero realistico a quello locale.

Ecco una  foto del piatto in questione scattata in Etiopia, così per rendervi meglio l'idea ..


E' stato bello assaporare di nuovo l'Injera e per un attimo ritrovarsi ancora una volta in Etiopia!

Questa specialità, l'injera, dovrebbe consumarsi nello stesso vassoio, essendo un piatto comunitario, un piatto destinato quindi per tre-quattro persone e non andrebbero usate le posate ma le mani per portarsi il tutto alla bocca: si stacca con tre dita un pezzo di injera, fino a farne un piccolo fazzoletto per poi poggiarsi delicatamente pescando uno o più pezzettini di carne imbevuti del tutto!

L'injera in sè non è tanto saporita ma è il contorno e ciò che vi si trova sopra che rende il tutto molto speziato e ricco. Può essere abbinato a stufati (wot) e spezzatini di carne di doro wot (pollo), sigà wot (manzo) o di beg wot (pecora), a verdure (esistono anche wot vegetariani), formaggio  aib (formaggio preparato con latte di mucca) per non parlare delle innumerevoli salsine ( famose quelle al berberè).

Ho notato che ero l'unico ad usare le mani per gustarlo e che la gente mi guardava in modo strano; ho avuto la netta sensazione che le persone fossero un pochino sorprese dal mio atteggiamento. Il simpatico gestore ogni tanto si avvicinava e rideva, poi ad un tratto si è fermato al mio tavolo e abbiamo scambiato qualche parola. Gli ho detto che ero stato diverse volte in Etiopia e mi ha risposto simpaticamente che l'aveva capito proprio dal fatto che afferravo l'injera con le mani. Queste si che sono piccole soddisfazioni!!

E' stata una piacevolissima serata conclusa nel migliore dei modi: sorseggiando araké.

Per saperne di più in merito alla cucina etiope ho trovato in rete questo vecchio quanto simpatico post (assolutamente d'accordo con l'autore in tutto, soprattutto in merito all'aromatico vino) e nella quale vi sono descritte altre prelibatezze (..provate più o meno tutte).

Per chi volesse sperimentare poi la cucina etiope, trovate molti consigli invece a questo link (in inglese).

Buon appetito dunque e, per rimanere in tema, vorrei salutarvi non con una feroce quanto motivante frase di chef Gordon Ramsey ma con questo proverbio etiope, molto più terra terra e forse anche un po' padano a dire il vero

ma che ci sta tutto
.. con i tempi che corrono..

" Chi mangia le uova non sa quanto sono costate alla gallina "


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