Ecco un articolo pubblicato da Enrico (mio amico nonché collega di lavoro) e dal sottoscritto in merito al parto in ambulanza, legato ad un emozionante intervento 118 avvenuto nella nostra realtà lavorativa..
Il parto è sicuramente uno dei momenti più belli nella vita di una famiglia, misto di carnalità e poesia, ma per l'operatore sanitario impegnato nell'ambito extra-ospedaliero può rappresentare un momento di forte preoccupazione, maggiormente se avviene a domicilio dell'assistita o addirittura in ambulanza.
Si può ancora parlare di evento raro per quanto concerne il “parto in ambulanza”?
A tal proposito sarebbe necessaria una breve riflessione sulla variazione demografica della nostra popolazione avvenuta nell'ultima decade nel nostro paese. Inoltre un ricorso tardivo alle indagini dei servizi prenatali insieme a fattori sociali (forma culturale, lingua, distanza da luoghi di cura con deficit di accessibilità, impossibilità ad accedere ai servizi) possono complicare il normale accesso ai servizi ospedalieri nati e predisposti nello specifico per le donne in gravidanza.
Non è affatto scorretto affermare quindi che, in particolari condizioni, la gravidanza a termine (e conseguente parto) vissuta da una donna immigrata (e non ...) in Italia, nel 2012, può comportare ancora dei rischi. Le donne migranti hanno l’abitudine culturale di considerare la gravidanza come un evento fisiologico che rientra nel ciclo della vita; si recano alle prime visite di controllo in avanzato stato di gravidanza e non sono abituate ad affrontare tutte le indagini diagnostiche prescritte[1]. In questa fase, a complicare le cose, come abbiamo già accennato, possono comparire diversi fattori quali: solitudine, abbandono familiare, tabù, paura, deficit di accessibilità ai servizi, inconsapevolezza, convinzioni culturali, fede, pudore, ecc. Ciò può comportare a vivere in modo rischioso l’iter della gravidanza secondo canoni non sicuri, certamente non consueti secondo i nostri range di gestione del parto, con il rischio di correre, in un secondo tempo, frettolosamente ai ripari in caso di parto imminente in circostanze e luoghi del tutto inconsueti usufruendo, come accade ancora tutt’oggi (e ne descriveremo dettagliatamente un caso simbolico) attivando il servizio di 118.
La gravidanza a termine con imminente parto, in un contesto sempre più multietnico e globalizzato, in particolari casi infatti (spesso correlati a situazioni di donne migranti appunto o casi di profonda emarginazione) può essere ancora vissuta come un passaggio delicato, critico, se compiuto in un ambito di emergenza extra-ospedaliera a discapito di una mancata ospedalizzazione gestionale della gravidanza a termine con conseguente parto protetto. Capita ancora quindi che il servizio di emergenza extra-ospedaliero 118 debba prontamente e professionalmente rispondere a richieste d’aiuto di donne gravide in procinto di partorire e in questi delicati ambiti il professionista infermiere non deve dimenticare inoltre che la “nascita” è un evento particolare della vita che assume anche un significato antropologico molto importante.
L'infermiere si può trovare ad assistere la donna partoriente in ambito extra-ospedaliero nei panni del professionista sanitario così come del cittadino e “in situazioni di emergenza-urgenza, presta soccorso e si attiva per garantire l'assistenza necessaria,”[2] “tenendo conto dei valori etici, religiosi e culturali, nonché del genere e delle condizioni sociali della persona.”[3]
A tal proposito riportiamo un caso avvenuto nel mese di Marzo nella nostra realtà lavorativa.
Alle ore 22:01 la nostra CO 118 prende contatto con un utente straniero il quale chiede l’ambulanza per trasportare la propria moglie in ospedale: il marito riferisce addominalgia e gravidanza a termine. Con difficoltà a causa della differenza linguistica (l’utente rispondeva sempre in modo affermativo), dopo varie domande, l’infermiere capisce di dover mandare un mezzo in località Romito di Ziano Piacentino. Attiva alle ore 22:03 il mezzo ALS con infermiere dall’ospedale di Castel San Giovanni, poco distante dal target in questione per un KC14R. Il mezzo parte immediatamente. Alle ore 22:06 l’ambulanza effettua l’incontro con la macchina che trasportava la partoriente in quanto il marito, molto agitato, non voleva aspettare a casa. Immediatamente la paziente viene fatta salire e coricata sulla barella per una valutazione sanitaria. Contrazioni presenti ad intervalli inferiori al minuto, rottura del sacco amniotico già avvenuta (presumibilmente in automobile), impegno della testa del nascituro nel canale uterino già discretamente visibile dall’esterno. La paziente non parla italiano, il marito male, ma l’equipe riesce a comprendere che questa è la terza gravidanza, decidendo così di assistere la partoriente in loco. Si procede a monitorizzare la paziente e ad incanulare un accesso venoso periferico per infondere cristalloidi. In pochi secondi avviene il completamento della fase espulsiva del parto. La paziente da alla luce una bambina (APGAR 10) alle ore 22:15. Si procede all'aspirazione dei liquidi nel cavo orale e all’isolamento termico sia della madre che della neonata posizionando quest'ultima sul torace della paziente ed invitandola a stimolarle la suzione. Telefonicamente l’infermiere raggiunge la sala parto di Piacenza per chiedere informazioni circa la gestione del cordone ombelicale che non viene ne reciso ne clampato. Alle ore 22:19 l’ambulanza parte per la sala parto dell’ospedale di Piacenza bypassando quello di Castel San Giovanni. Alle ore 22:41 mamma e bimba sono in sala parto.
[1] Assistenza Infermieristica e Ostetrica Transculturale” – Roberta Bartolini – pag.89 Cap. 6 - Hoepli
[2] Art. 18 Codice Deontologico dell’Infermiere.
[3] Art. 4 Codice Deontologico dell’Infermiere.
Infermiere Enrico Lucenti
118 e Pronto Soccorso Castel San Giovanni (PC)
Master in Emergenza e Urgenza Sanitaria
Infermiere Daniele Tosca
118 e Pronto Soccorso Castel San Giovanni (PC)
Master in Cooperazione Internazionale ed esperto di Nursing Transculturale
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