Amo viaggiare perché davvero permette all'anima d'arricchirsi (alle tasche un po' meno...) e se c'è una cosa che m'interessa fare, come moltissime persone del resto, è entrare nei musei e assaggiare nuovi piatti!
Ogni volta che si entra in un grande o piccolo museo non è mai tempo perso, non si sta buttando via il tempo. Farlo mi rasserena molto, mi inorgoglisce e mi rende fiero dell'essere umano. E, badate bene, mi riferisco anche quando mi capita (e devo ammettere, ahimé, sono la maggior parte dei casi...) di entrare in una mostra pur non conoscendo adeguatamente (e non solo per sentito dire) né le sue opere né gli artisti che l'arricchiscono. Ma non importa, nonostante questo, esco sempre ancor più consapevole dell'importanza che riveste la cura nel promuovere "cultura": credere nella cultura infatti innegabilmente sviluppa l'essere umano e, parliamoci chiaro, sempre che sia strategicamente ben pianificata e supportata, anche una certa economia (andrebbe ricordato ai nostri politicanti... ).
In questo senso ho sempre pensato che all'estero hanno ben compreso da più tempo di noi italiani quanto investire nella cultura sia importante (socialmente ed economicamente), mentre non mi sono mai spiegato il perché l'Italia non è mai stata in grado di sfruttare (ma sarebbe meglio dire "custodire"... nel vero senso "materno" della parola) a pieno un potenziale paesaggistico-storico-culturale che la rende davvero unica al mondo.
Non voglio dare nessun tipo di lezione in merito, non possiedo assolutamente le capacità e la preparazione necessaria, il mio è semplicemente un discorso da semplice cittadino... molto curioso delle cose e che gli piace osservare come altri hanno saputo forse sfruttarle meglio... tutto qui.
Come tutti sanno dalla più grande alla più piccola città italiana la nostra penisola dispone di un patrimonio culturale che ha sempre fatto fatica a sbocciare e forse perché è spesso mancata quella voglia di collaborare e fare squadra o perché, molto più semplicemente, le nostre amministrazioni hanno sempre preferito dare priorità ad altro; ma se oggi Piacenza (parlo della mia città) disponesse del Museo Nazionale dell'Agricoltura e del grande fiume Po sarebbe senz'altro un bene e, in tempi di crisi (e di questo ne sono convinto) un'assoluta opportunità e una freccia a favore nel proprio arco da sfruttare in un contesto globale sempre più competitivo e difficile.
Può un museo o un'università, insieme ad una viabilità fatta su misura di bambino, dell'ottimo cibo, dei stupendi paesaggi naturalistici immischiati in valli splendide (Val Nure, Val Trebbia, Val Tidone...) offrire sviluppo ad una città?
La risposta è si.
Servirebbe un po' più coraggio, una strategia comune (pubblica e privata) ma soprattutto la necessità di migliorare la qualità della nostra vita.
Ce lo hanno insegnato le più sagge persone che ci hanno preceduto.
Lo dobbiamo noi ai nostri figli, alle future generazioni se non vogliamo che un giorno, da giovanissimi, se ne vadano (aspetto che sta già succedendo...).
Ho letto da qualche parte che a Priolo, in Sicilia, nella Valle dei Templi, è stato costruito uno stabilimento petrolchimico. Mi chiedo, da persona ignorante, non era forse meglio fondarvi un' Università delle Culture Mediterranee visto che le culture tra le quali quella greca, araba, normanno-sveva hanno arricchito la Sicilia per secoli?
Sono un utopista.
Sogno un futuro capace di saper offrire nuove opportunita' per le nuove generazioni e non solo false illusioni.
Purtroppo pero' dalla classe politica (locale e non) ai manager, ai sindacati, l'elemento comune che spesso ha penalizzato il paese e' stata l'assoluta mancanza di visioni strategiche in tantissimi ambiti (culturale, industriale, ecologico, legato alla viabilità...). Non siamo mai mai stati capaci di creare delle "reti" per tantissimi motivi (si litiga ancora in piazza per pseudo-concetti di destra e sinistra dimenticandosi del futuro, del bene collettivo delle cose) intanto oggi trovare una propria missione in questo mondo sempre piu' globale e concorrenziale e' sempre piu' dura.
Di fatto capita (e capitera' sempre piu' spesso) di essere sotto scacco di qualche paese "nuovo" o emergente... o, nel caso del museo dell'agricoltura, magari di qualche citta' limitrofa (Parma? Bologna?) che ci rubera' senz'altro l'idea e che mettera' fine purtroppo a tutti coloro che hanno sperato fino all'ultimo in una politica capace di limitare un protezionismo secolare caratteristico del nostro bel paese e ridicole commemorazioni bipartisan che non tutelano affatto le nostre future generazioni semplicemente perche' non pensano a loro.
E' vero, il consumo traina di certo lo sviluppo ma anche la cultura, la ricerca, la corretta politica e soprattutto i neuroni e un gruppo di, sepur sane, realta' locali, come vi sono per esempio in Emilia Romagna, che non hanno mai lottato per creare un museo dell'agricoltura e del grande fiume Po (ma esisteranno sicuramente in giro per l'Italia tante altre situazioni anche piu' rilevanti, vedi l'esempio della Sicilia) e' un paese che non sa cosa farsene del valore inestimabile e unico delle sue culture e della sua storia!
Questo sempre detto da una persona ignorante qual è il sottoscritto.
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