Oggi più che mai si discute di migrazioni. Noi italiani ci sentiamo ovviamente al centro del problema ma in realtà se fossimo abituati molto di più a contestualizzare le cause e gli effetti di un determinato fatto che si verifica a livello globale, ci renderemmo subito conto che esistono nel mondo tante altre situazioni più o meno critiche della nostra, di natura ciclica, quindi diverse soluzioni per affrontare il problema ma soprattutto tanti altri punti di vista. C'è un bellissimo libro che vi consiglio dal titolo “L’era delle migrazioni”, scritto da Stephen Castles e Mark J. Miller e considerato da molti tra i principali testi di riferimento per le diverse “comunità epistemiche” che si occupano oggi di migrazioni a livello globale.
Anche l'Italia è stata interessata dal fenomeno dell'emigrazione. Tanto si è scritto e detto delle molte navi con migliaia di italiani diretti nelle Americhe in cerca di un futuro migliore, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. L’America rappresentava un sogno. Negli Stati Uniti tra il 1861 e il 1920 arrivarono 30 milioni (30 milioni!) di persone, tra cui moltissimi italiani.
Ed è curioso scoprire che anche una delle più famose teoriche e ricercatrici infermieristiche della storia, Madaleine M. Leininger, in un periodo della sua vita, insieme ad altre culture, studiò quella "italo-americana".
In che modo? Andando proprio in casa di quella gente, facendo loro interviste, osservandone riti, tradizioni, modi di fare quotidiani... sempre in una ottica assistenziale.
In che modo? Andando proprio in casa di quella gente, facendo loro interviste, osservandone riti, tradizioni, modi di fare quotidiani... sempre in una ottica assistenziale.
In trent’anni di ricerca infatti, la Leininger cercò di scoprire i valori, le credenze, i significati e le tante espressioni e modelli di varie culture per un’assistenza infermieristica sempre più di qualità, quindi efficace e pronta, utilizzando il metodo etnoinfermieristico ed altri metodi di ricerca qualitativa. La sua più celebre opera è a tutt’oggi “Diversità e Universalità della assistenza culturale - Una teoria del Nursing “, che trovò proprio le sue più radicate radici in quell’America così tanto sognata (nel frattempo conquistata…) da molti e per questo già allora vivacissima e contaminata di storie, vissuti, tradizioni, credi, usi e costumi a loro volta poi marchiati da quel formidabile timbro prerogativo U - S - A.
Tra le ventitré culture analizzate e studiate dall’autrice e dal suo gruppo di lavoro troviamo, come già accennato, anche quella della comunità "italo-americana" presente allora e, una volta scoperta e approfondita la cosa, fu per me una grande sorpresa perché è come se il metodo etnoinfermieristico della Leininger ci regalasse oggi una preziosa fotografia assistenzialpopolare dei nostri compaesani emigrati anni e anni fa.
E così, in modo un po’ curioso e simpatico, scopriamo che tra i più saldi valori culturali che contraddistinguevano (chissà se ancora oggi…) gli italo-americani ben radicati da decenni in quegli USA così tanto prima desiderati, combattuti e in un certo senso poi conquistati troviamo per esempio l’espressività nella musica, nell’arte, i legami stretti con la famiglia allargata, le forti pratiche religiose o la politica attiva; ma anche la responsabilità verso i propri connazionali. Sorprendono inoltre quei atti assistenziali, di supporto, che agevolavano o permettevano ad altri individui della comunità italo-americana di migliorare l’assistenza, la condizione umana fra loro; tra questi la tutela e la protezione della famiglia (che emerse tra i più importanti), “toccare molto e abbracciare”, esprimersi liberamente, il sostegno famigliare e mangiar cibi italiani freschi di mercato e accompagnati da vino a scopo salutare.
Interessante e piacevole infine scoprire come la Leninger e il suo gruppo di lavoro diedero particolare risalto, tra i principali valori culturali studiati della comunità "italo-americana", alla generosità ad essere caritatevoli e all’aperta espressione dei sentimenti.
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